Applausi in serie, al teatro Duemila, per il secondo appuntamento della stagione teatrale che ha visto come protagonista l’istrionico Sergio Rubini che, con un convincente Daniele Russo, ha interpretato “Il caso Jekyll”. La trama lascia poco all’immaginazione nel senso che è una rilettura del romanzo di Robert Louis Stevenson. Henry Jekyll qui è uno stimato e blasonato studioso della mente vissuto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, proprio nello stesso periodo in cui nasce e si sviluppa la psicanalisi. Dopo un’affannosa e solitaria ricerca sui disturbi psichici dei propri pazienti, il grande luminare è approdato all’individuazione delle cause della malattia mentale: all’origine di quei disturbi vi è il conflitto tra l’Io e la sua parte oscura, la sua Ombra, quella battezzata in quegli anni con il nome di Inconscio. Secondo gli approdi scientifici del dottor Jekyll, l’Io anziché reprimere questa parte, che se troppo compressa improvvisamente potrebbe emergere in tutta la sua violenza fino a sfociare talvolta nella follia, deve imparare a riconoscerla e a stabilire con essa un rapporto, un dialogo costruttivo.
L’Ombra, infatti, non è costituita solo da istinti e desideri inconfessabili, ma è anche e soprattutto fonte di creatività e di piacere, oltre a rappresentarci per ciò che siamo veramente, nel profondo. Il dottor Jekyll decide così di sperimentare su se stesso le sue teorie tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, a cui dà il nome di Edward Hyde. Ciò che il dottore non mette in conto è che una volta liberato quel suo famigliare oscuro, questi, anziché soggiacere alle regole del dialogo impostate dalla sua parte razionale, inizia progressivamente a vivere di vita propria dando libero sfogo alle sue inclinazioni più malvagie e violente fino a prendere il sopravvento sull’intera vita dell’esimio scienziato. A cadere vittima di Edward Hyde, oltre a tutte le figure chiave della vita del medico, ignare di chi si nasconda dietro quell’essere spregiudicato, sarà Jekyll stesso, che al culmine degli orrori collezionati dal suo doppio malvagio, sarà messo di fronte all’amara scelta se continuare a tenere in vita Edward Hyde o “disinnescarlo” anche a costo di ucciderlo. L’atmosfera è cupa e gotica, con un forte impatto visivo e sonoro.
La scenografia e le luci contribuiscono a creare un’ambientazione suggestiva. La scena è un edificio che fa da interno e da esterno, sfruttando al meglio i livelli rialzati e la velatura delle vetrate, con una porta al centro, che creano i diversi piani di visione; l’ambientazione d’epoca emerge dai costumi e da un certo cupo utilizzo delle luci. L’atmosfera che si crea non lascia spazio alla noia e lo spettatore è rimasto inchiodato sulla sedia (pur conoscendo trama e finale) fino al termine delle due ore (senza intervallo). La storia è stata “sfrondata” dalle “fantasie” del libro per concentrarsi sul conflitto tra Io e Subconscio, tra Bene e Male che, nella tesi dell’Autore, albergano in egual misura e, a seconda di quale parte è dominante, l’individuo ha atteggiamenti positivi o negativi. E per scoprire questo “Personaggio-Ombra” c’è un avvocato amico di Jekyll e un ispettore, entrambi a caccia di Hyde. Il pubblico viene reso partecipe degli sviluppi, degli interrogativi e delle indagini.
Rubini, anche tra gli interpreti e al contempo narratore con leggio a corredo delle scene, facendo emergere l’intenzione di lavorare sul risvolto psicanalitico e anticipando il discorso che sarà di Freud o Jung, offre una lettura “mentale”, concentrandosi sul conflitto interiore del protagonista e sulla natura del doppio. Le interpretazioni sono intense, in particolare quella di Daniele Russo nei panni di Jekyll e Hyde (con la parrucca o senza). Assolutamente convincenti gli altri protagonisti, pienamente calati nelle loro parti.