Ragusa – “Contiamo di portare dalla Sicilia una delegazione consistente di titolari di stabilimenti balneari. Perché si decide il nostro futuro. E non possiamo permetterci di stare a guardare”. Così Ignazio Ragusa, presidente regionale Sib, il sindacato italiano balneari aderente a Confcommercio, a proposito della mobilitazione in programma giovedì 10 marzo in piazza Santi Apostoli a Roma a sostegno della balneazione attrezzata italiana. “Per come si stanno mettendo le cose – continua Ragusa – e considerato che dal 14 marzo non sarà più possibile attuare modifiche normative, è fondamentale la partecipazione di ogni singolo concessionario così come è di cruciale importanza che la manifestazione sia imponente. Se l’emendamento presentato dal governo passa così com’è, faremo i conti con il concreto rischio di perdere le nostre aziende. Ed ecco perché dobbiamo tutti attivarci e fare il possibile per salvaguardare le imprese di questo settore”.
Il Sib chiede che la riforma delle concessioni demaniali assicuri la corretta applicazione della direttiva servizi che impone un preliminare accertamento della scarsità di risorse e interesse transfrontaliero, tutelando la proprietà aziendale e gli altri diritti fondamentali dei concessionari. E, ancora, il legittimo affidamento dei concessionari il cui unico torto è stato quello di credere nelle leggi dello Stato. Quindi, la validità delle proroghe già rilasciate in applicazione della cosiddetta Legge Madia e una disciplina transitoria che preveda un adeguato periodo transitorio, tuteli il lavoro autonomo balneare e preveda un diritto di prelazione per il concessionario.
“Sosteniamo convintamente la protesta del Sib e degli operatori iscritti – spiega il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti – perché siamo chiamati, a maggior ragione in questo delicato periodo, a difendere il turismo balneare, vero e proprio patrimonio per la nostra area regionale. I criteri della riforma delle concessioni demaniali marittime sono penalizzanti e non possono essere condivise.
Stiamo parlando di una realtà che, nella nostra isola, incide parecchio nel contesto turistico e che vuole, a tutti i costi, trovare una strada di dialogo per rivedere il percorso della riforma. Continuare così significherebbe mettere tutto in discussione. E, a maggior ragione in questo periodo economicamente fragile, non ce lo possiamo permettere perché tutto finirebbe con il rovinarsi”.