Un bonus aziendale fino a 3 mila euro esentasse per i lavoratori. Si tratta di un nuovo bonus che sarebbe più corretto chiamare sostegno al caro-vita. La misura valida per il 2022 è contenuta nel decreto legge Aiuti-quater ed eleva a 3 mila euro, dai 600 precedenti, la soglia di esenzione fiscale e contributiva dei benefit per i lavoratori. Ovvero quei beni che l’azienda può offrire al dipendente, tipicamente buoni pasto, auto aziendale, telefonino. Per il 2022 vi rientrano però anche le utenze domestiche di gas e luce. Una sorta di “tredicesima esentasse”, come l’ha definita la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma vediamo come funziona l’agevolazione a vantaggio di aziende e lavoratori e soprattutto a chi tocca veramente.
Bonus 3 mila euro: cos’è
Prima di capire a chi tocca il bonus 3 mila euro bisogna capire cosa sono i fringe benefit. Non sono altro che quei compensi aggiuntivi esentasse solitamente disciplinati dalle aziende all’interno del contratto individuale. Essi non vengono erogati sotto forma di denaro, ma come beni e servizi.
Tra questi benefici accessori, che non concorrono alla formazione del reddito, possono rientrare l’auto aziendale, i buoni acquisti (come quelli per i pasti, per la spesa o per la palestra), il telefonino, ma anche le polizze assicurative e l’alloggio. Per il 2022, vista la crisi, comprendono comunque anche il rimborso in busta paga delle utenze domestiche di acqua, gas e luce.
Il decreto Aiuti bis approvato dall’esecutivo guidato da Mario Draghi aveva portato il valore dei fringe benefit aziendali a 600 euro. Il governo Meloni ha adesso deciso di innalzarlo di altri 2400 euro.
Cosa cambia con il bonus 3mila euro
La soglia di non imponibilità a 3mila euro sarà valida solo per il 2022, come misura di welfare aziendale. Rappresenta un grande vantaggio per i lavoratori, a cui potrà essere destinato un maggiore valore dei premi aziendali al di fuori della tassazione ai fini Irpef.
E grazie al rimborso delle bollette gli stipendi diventeranno più pesanti. Come ribadito dalla ministra del Lavoro Marina Calderone in occasione della conferenza stampa sul decreto Aiuti quater, il nuovo tetto consentirà di offrire entro il 31 dicembre un importo più alto proprio sulle “somme di ristoro per i costi dell’energia e delle altre utenze domestiche”.
“Abbiamo fatto questo intervento senza gravare con il prelievo fiscale su famiglie e imprese”, ha sottolineato. Per i datori di lavoro i benefici accessori continueranno ovviamente a restare totalmente deducibili dal reddito d’impresa.
Bonus aziendale 3 mila euro: come funziona
Come funziona l’erogazione del bonus aziendale. L’innalzamento della soglia dei fringe benefit riguarda potenzialmente tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, a prescindere dal loro reddito. Escluse invece le pubbliche amministrazioni. Tuttavia trattandosi di una iniziativa di welfare la decisione spetta sempre alle aziende, a cui rimane la totale discrezione. L’agevolazione non ha quindi carattere obbligatorio e la somma da spendere nei benefici accessori viene valutata dai datori di lavoro. Di conseguenza non può essere presentata domanda per ottenere il bonus 3mila euro.
Le modalità di utilizzo dei benefit sono dettagliate dall’Agenzia delle Entrate. I rimborsi delle bollette devono riguardare “immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese”.
Sono poi rimborsabili anche le spese per le utenze condominiali, ma occorre “un’autocertificazione dell’effettivo pagamento delle stesse”. La stessa cosa vale in caso di affitto, se le utenze sono intestate al proprietario e nel contratto risulta che il locatario deve pagarle (rientrano, come sopra, i coniugi e i familiari). Una volta accertata la spesa, l’azienda potrà provvedere al rimborso.
È importante ricordare che i fringe benefit devono essere aggiuntivi alla retribuzione già concordata dal contratto. Ciò significa che il datore del lavoro non può convertire parte del salario nei benefici accessori.