Non si è fatto attendere, com’era prevedibile, il commento, negativo, di Mario D’Asta al congresso cittadino del Pd svoltosi domenica scorsa con la riconferma per acclamazione di Peppe Calabrese alla segreteria e con la schiacciante vittoria della mozione Zingaretti che ha ottenuto 296 voti su 304 votanti.
Mario D’Asta, dopo aver ricordato di essere il presidente provinciale del partito e uno dei due consiglieri comunali del Pd a Ragusa, il più votato, ex aequo, tra gli eletti, rivendica la sua non partecipazione all’assemblea congressuale insieme a tutto il gruppo di riferimento e ad Agata Pisana, la terza donna più votata in città, così come erano assenti gli altri candidati, che hanno portato in dotazione circa 750 voti. Il consigliere dem cita en passant “gravissime illegittimità di portata straordinaria, su cui vi sono ricorsi pendenti (basti pensare che solo la provincia di Ragusa ha votato per i congressi di circolo e provinciale e solo Messina per la quota circoli, stante una circolare che chiaramente indicava di non indire i congressi di circolo), mancati pagamenti e mancate certificazioni del tesseramento, che certificano la illegittimità del processo democratico ed una percezione di evidente mancato rispetto delle regole, che fanno emergere uno scoramento dei tesserati che non vanno a votare” ma il suo obiettivo è giungere “alla questione vera sul Pd di Ragusa che rimane meramente politica”.
Secondo D’Asta infatti “serviva mettere in campo una proposta che coniugasse la capacità di ri-costruire una comunità democratica con la necessità di dialogare con il mondo fuori dal Pd, una proposta che coniugasse la legittima necessità di rinnovamento con le necessarie competenze, che coniugasse speranza e fiducia, che riconnettesse il Pd con la città. La proposta messa in campo, purtroppo, non risponde a nessuno di questi requisiti. Il calo drammatico degli iscritti rispetto alle precedenti consultazioni dimostra, tra l’altro, tutto ciò. Dai circa 2.000 di 4 anni fa, ai 1.300 di 2 anni fa, ai 300 di domenica scorsa. Responsabilità che di certo non possono essere addebitate solo al calo nazionale ma che hanno una forte connotazione locale. Anche perché il Pd di Ragusa non aveva un deputato quattro anni fa.
E’ una emorragia di iscritti e di consensi che certifica un malessere profondo. Altro che trionfalismi mediatici che mal celano l’inadeguatezza di un percorso, l’inopportunità di una proposta. Una classe dirigente, quella di questo Pd, che tende all’autoconservazione e rimane incrostata a logiche vecchie”. Prova ne è “avere a che fare con una classe politica che ripropone, come segretario, sempre la stessa figura che negli ultimi tempi ha dimostrato di non essere all’altezza delle sfide che il partito gli ha chiesto di portare avanti, la dice lunga su come non ci sia alcuna volontà di concretizzare un cambio di rotta evidente, tangibile, un segnale chiaro di discontinuità che, invece, in questa fase, si rendeva più che necessario.
Abbiamo, quindi, registrato una evidente discrasia tra quella che dovrebbe essere una proposta politica, in grado di guardare avanti, e la percezione che si ha della città. Al congresso, tra l’altro, non si può omettere che non abbiano partecipato autorevoli figure della nostra area politica, il che la dice lunga sul sentore che si ha di questa operazione. E tutto ciò al di là dell’esito dei ricorsi. Richiamare a certi toni trionfalistici, da parte della riconfermata segreteria, sembra fuori luogo. Una elezione per acclamazione senza tutto il partito”. Infine Mario D’Asta conclude “queste assenze, il calo incredibile di iscritti, tutte queste sconfitte, fanno pensare ad una scena kafkiana, ad una vittoria, sì, ma la vittoria di Pirro. Avevo chiesto, anche in questo caso, nella fase precedente a quella attuale, di pensare ad un confronto che potesse condurre a un percorso unitario, di non pensare al partito delle tessere ma al partito delle idee.
E non perché non fossimo in grado di proporre 300-400 tessere. Ma a cosa sarebbe servito? A creare maggioranze, minoranze e di nuovo la solita storia. Nessuna risposta, un silenzio preoccupante ma eloquente. E tra l’altro il mancato rispetto delle regole fa diventare poco credibili nei confronti della città che chiede, giustamente, l’adeguamento ai canoni della trasparenza, della legalità, delle buone prassi. Se questa cosa non avviene tra gli iscritti stessi, è chiaro che all’esterno si manda un messaggio devastante. In questo modo si dimostra di non essere aperti al cambiamento e di volere comunque difendere la propria posizione in seno al vertice del partito.
Riteniamo, invece, che, in questa fase, era più che mai necessario potersi rivolgere a una figura che prima potesse ricostruire il partito a livello cittadino e poi avviare un’azione politica costante e capillare anche per compattare il fronte del centrosinistra. E, invece, nulla di tutto questo. Piuttosto, si rischia di compiere un grave errore che costerà sempre di più, in termini di consensi, al Partito Democratico”. (da.di.)