La dieta vegana migliora i livelli di insulina nelle persone con diabete di tipo 2. Lo annuncia uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients. Secono la ricerca mangiare vegetale da benefici importanti per il miglioramento della funzione delle cellule beta e del trattamento del diabete.
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni dopo aver confrontato le risposte di 20 uomini di età compresa tra 30 e 65 anni con diagnosi di diabete 2 a pasti con hamburger vegani e non vegani assimilabili per impatto calorico e nutrienti. I ricercatori hanno monitorato la risposta al glucosio e la funzione delle cellule beta nelle persone testate. I risultati hanno rivelato che la secrezione di insulina, peptide C e amilina era aumentata di più dopo il pasto vegano rispetto al pasto standard. Anche i parametri della funzione delle cellule beta sono migliorati dopo la dieta vegana. In fine i ricercatori concludono spiegando che è stato dimostrato che una dieta vegana di 16 settimane migliora la resistenza all’insulina e la funzione delle cellule beta negli individui sovrappeso, affrontando allo stesso tempo i principali meccanismi patofisiologici coinvolti nel diabete.
Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue e dovuta a un’alterazione della quantità o del funzionamento dell’insulina. L’insulina è un ormone, prodotto dalle cellule del pancreas, che provoca l’ingresso del glucosio (zucchero) circolante all’interno delle cellule, dove viene utilizzato come fonte di energia. Se il pancreas non produce una quantità sufficiente di insulina o se gli organi bersaglio (muscolo, fegato, tessuto adiposo) non rispondono in maniera adeguata all’ormone, il corpo non può utilizzare il glucosio circolante come fonte di energia e il glucosio resta nel sangue, dove i suoi livelli diventano sempre più alti (iperglicemia) causando danni a vari organi. La maggior parte delle persone con diabete mellito di tipo 2, al momento della diagnosi, presenta entrambi questi difetti: insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas, inadeguata risposta all’insulina. Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta circa il 90% di tutti i casi di diabete; si presenta in genere in età adulta (circa i 2/3 dei casi di diabete interessano persone di oltre 64 anni), anche se negli ultimi anni, un numero crescente di casi viene diagnosticato in età adolescenziale, fatto questo correlabile all’aumento dei casi di obesità infantile.
Gli italiani affetti dal diabete mellito di tipo 2 sono circa il 5% della popolazione, cioè oltre 3 milioni di persone. Si stima, tuttavia, che a questo numero possa aggiungersi circa 1 milione di persone che hanno la malattia ma ancora non lo sanno. Un aspetto particolare, nella donna, è rappresentato dal cosiddetto diabete gestazionale, diagnosticato durante la gravidanza, che, in genere, regredisce dopo il parto ma può ripresentarsi a distanza di anni come il diabete mellito di tipo 2. Se non controllato, il diabete gestazionale aumenta il rischio di complicazioni in gravidanza e al parto e/o di malformazioni fetali. Secondo i dati di prevalenza nazionali ed europei, circa il 6-7% di tutte le gravidanze è complicato da diabete (ogni anno in Italia >40.000 gravidanze). Infine, l’aumento di incidenza di diabete mellito di tipo 2 nelle donne in età fertile e l’immigrazione da Paesi a elevata frequenza di diabete mellito ditipo 2 porteranno, nei prossimi anni, a un aumento delle gravidanze in donne diabetiche.