La depressione, diagnosi e cura solo per 1 persona su 2. In Italia si stima che la depressione colpisca 3,5 milioni di persone e meno del 50% di chi ne soffre riceve diagnosi tempestiva e trattamento corretto.
La depressione è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità la prima causa di disabilità a livello globale. In Italia la prevalenza di questa malattia si stima sia del 5,5%, con circa 3,5 milioni di pazienti, in Europa più di 35 milioni di cittadini vivono con la depressione. Inoltre, si stima che solo 1 persona su 2 riceva diagnosi e cure adeguate, che passi più di un anno e mezzo tra comparsa dei primi sintomi e decisione di rivolgersi ad un medico e circa due anni per ricevere una diagnosi corretta. “La depressione è quindi un tema imprescindibile quando si parla di salute e in particolare di salute della donna che ne è colpita in misura doppia rispetto all’uomo.
Il nostro obiettivo è aumentare la consapevolezza della malattia presso la popolazione per superare lo stigma ancora così radicato e cercare di avvicinare i pazienti a diagnosi e cure appropriate”, introduce Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. Il costo sociale della depressione maggiore è molto elevato e include i costi sanitari diretti che riguardano la diagnosi, il trattamento, la riabilitazione, l’assistenza e la prevenzione delle ricadute a lungo termine che pesano sul Servizio Sanitario Nazionale, per circa 5.000 euro l’anno per ogni paziente. Sono anche molto rilevanti i costi del non trattamento della depressione per i risvolti legati in particolare alla perdita di produttività che si stima essere pari a 4 miliardi di euro annui in termini di ore lavorative perse.
Per questo è stato presentato oggi presso la Camera dei Deputati il documento “Depressione: sfida del secolo – Un impegno per contrastarla in attesa di un Piano nazionale” contenente il Manifesto in 10 punti “Uscire dall’ombra della depressione” come call to action collettiva per promuovere efficaci azioni di prevenzione mirata, un tempestivo e facilitato accesso ai percorsi di diagnosi e cura, anche attraverso il potenziamento dei servizi sul territorio e attività di ricerca volte a individuare le misure terapeutiche più efficaci e innovative in ambito farmacologico, cognitivo e psicosociale.
Il documento è promosso da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere con il patrocinio di Cittadinanzattiva, Progetto Itaca, SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, SIP, Società Italiana di Psichiatria e il contributo incondizionato di Janssen. “Questo sforzo non può prescindere dal ruolo delle Istituzioni che stiamo coinvolgendo su questo tema”, continua Merzagora. “Il Manifesto ‘Uscire dall’ombra della depressione’ è uno strumento che auspichiamo possa essere la base per la costituzione di un tavolo interparlamentare, guidato dall’On. Rossana Boldi, al fine di definire in tempi brevi un piano nazionale di lotta alla depressione coinvolgendo tutti gli interlocutori”. “La depressione maggiore è una malattia psichiatrica spesso non diagnosticata, non compresa nella sua gravità, spesso misconosciuta”, commenta l’On. Rossana Boldi, vice Presidente Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati.
“Compromette la vita lavorativa, sociale e affettiva di chi ne è affetto, e spesso, a causa dello stigma che ne consegue, rifiuta la diagnosi. Credo sia arrivato il momento che le Istituzioni si facciano carico in modo concreto del problema. Tre milioni e mezzo di pazienti in Italia, di cui due terzi donne, non possono più essere trascurati. Mi auguro che il manifesto che presentiamo oggi grazie a Onda, diventi la base per proposte concrete per definire un Piano Nazionale per la depressione, mirato a stabilire percorsi certi per la prevenzione, la diagnosi e la cura di questa patologia. Un piano che finalmente metta al centro i pazienti e le loro famiglie e sappia cogliere la complessità di questa patologia”. Tra i 10 punti del Manifesto emerge l’importanza di non sottovalutare i campanelli di allarme come gli stati transitori di tristezza e rivolgersi al proprio medico di fiducia o allo specialista quando questi perdurano a lungo; ridurre i tempi della diagnosi; favorire l’aderenza terapeutica coinvolgendo familiari e caregiver nel percorso di cura; ridurre lo stigma che aleggia sulla malattia e che impedisce ai pazienti e a chi sta loro accanto di chiedere aiuto attraverso una corretta informazione e sensibilizzazione.
L’azione italiana è in linea con il contenuto del rapporto “A sustainable approach to depression: moving from words to action” recentemente presentato al Parlamento Europeo su iniziativa di una coalizione di società scientifiche e associazioni di familiari europee impegnate nella lotta alla depressione. Il rapporto, che evidenzia la gravità della depressione in Europa e le necessità di maggiori investimenti a livello politico-istituzionale, per contrastarla, suggerisce raccomandazioni concrete su come affrontare questa malattia basandosi su comprovate prove scientifiche e di buona pratica e auspica una risposta adeguata da parte dei decisori politici. “Anche se gli italiani non sono i più depressi della UE, la media del nostro Paese è alta: il 5,5% della popolazione soffre di depressione maggiore con una netta prevalenza declinata al femminile”, spiega Claudio Mencacci, Direttore DSMD – Neuroscienze ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano e Presidente SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia. “Importante è riconoscerla nelle varie fasi della vita dove si nota un crescendo, dall’adolescenza (1,9%) all’età adulta (6,5%), fino al 13,1% negli over 65. È sempre più importante un precoce riconoscimento dei sintomi e l’applicazione di appropriati percorsi terapeutici”.
“La depressione comporta infatti un grave danno allo sviluppo e al mantenimento delle competenze lavorative, famigliari, relazionali, affettive e sociali per chi ne soffre e per i caregiver”, afferma Alberto Siracusano, Direttore UOC Psichiatria e Psicologia clinica, Policlinico Tor Vergata, Roma. “Questa malattia comporta inoltre un netto peggioramento della quantità e della qualità di vita sia per la comorbidità con molte patologie mediche sia per il rischio di suicidio particolarmente elevato nelle classi di età tra i 20 e i 34 anni e dopo i 65 con oltre 3.600 casi di suicidio annui”. “La ricerca farmacologica è mirata a rispondere agli attuali bisogni terapeutici insoddisfatti nella cura della depressione, soprattutto per quanto riguarda i sintomi cognitivi e residui in pazienti che non rispondono ai trattamenti farmacologici tradizionali”, continua Giorgio Racagni, Presidente eletto SIF, Società Italiana di Farmacologia.
“La perdita di plasticità dei neuroni di specifici neurotrasmettitori costituisce un fattore cruciale nella farmacologia e patologia di questa malattia, portando all’ipotesi neurotrofica della depressione. È su questo target che si basa il meccanismo d’azione dei nuovi farmaci glutammatergici che hanno recentemente dimostrato di portare ad una rapida risposta clinica”. “Le imprese del farmaco sono in prima linea per combattere la depressione con una quarantina di nuove molecole in sviluppo nel mondo, potenziali capostipiti di nuove classi terapeutiche”, afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria. “Inoltre, tra i 1.600 studi clinici sulla depressione condotti oggi a livello internazionale anche grazie al contributo dell’industria farmaceutica, oltre 1.300 utilizzano approcci innovativi, quali tecnologie digitali, identificazione di nuovi target terapeutici e nuove vie di somministrazione”. “L’impegno delle aziende è quindi rivolto”, conclude Scaccabarozzi “a ridurre al minimo l’impatto di questa patologia sulla popolazione e permettere ai pazienti di condurre una normale vita quotidiana”.