Prevenire infarto. Uccide ogni anno circa 70 mila persone in Italia. La malattia coronarica (CAD) e la sua complicanza principale, l’infarto miocardico (IMA), e’ una delle principali cause di morte e disabilita’ sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.
Ogni anno, negli Stati Uniti oltre 900.000 soggetti hanno un attacco cardiaco o un decesso cardiaco improvviso. Le sindromi coronariche acute, inoltre, causano quasi 400.000 decessi all’anno. In Italia l’infarto miocardico rappresenta la prima causa di morte (circa l’8% delle morti totali, mentre se si considera la globalita’ della malattia ischemica cardiaca il numero sale al 12%). La CAD e’ una malattia multifattoriale: la sua eziologia e’ un mix fra componenti acquisite – come uno stile di vita non corretto – ed ereditarie, che fanno parte del "pacchetto" che ogni individuo "riceve" all’atto della nascita.
Un nuovo studio pilota pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One, "MiR-423", frutto di una preziosa sinergia fra i ricercatori della Sezione di Genetica Medica del PTV, guidati da Giuseppe Novelli (nella foto), e di quelli della Sezione di Cardiologia dell’Universita’ degli Studi di Roma "Tor Vergata" e del Policlinico Tor Vergata di Roma diretti da Franco Romeo, evidenzia la possibilita’ di giungere a diagnosi precoci, e quindi prevenire nuovi decessi, grazie all’individuazione di un nuovo biomarcatore genomico, il MiR-423.
La comprensione delle relazioni tra variabili ambientali e genetiche/epigenetiche potrebbe consentire di distinguere un paziente da un altro, offrendo l’opportunita’ di impostare un’analisi personalizzata del profilo del rischio del paziente con CAD. Lo studio di "Tor Vergata" coinvolge pazienti con malattia coronarica stabile (cioe’ cronica, senza sviluppo di infarto) e pazienti con malattia coronarica instabile (ovvero con infarto acuto del miocardio) ed e’ finalizzato all’identificazione di nuovi varianti epigenetiche da validare come biomarcatori per la stratificazione del rischio e la diagnosi precoce dell’IMA.
La novita’ consiste proprio nella possibilita’ di poter individuare quei soggetti che potrebbero andare incontro ad un evento acuto in un breve tempo. Lo studio e’ stato condotto analizzando l’espressione di piccole molecole di RNA non codificante (cioe’ non producenti proteine), chiamati microRNA. I ricercatori hanno identificato, tra un pannello di 84 diversi microRNA circolanti, cioe’ espressi nella circolazione sanguigna, un microRNA, il miR-423, che risultava avere dei livelli di espressione molto bassi in pazienti con malattia coronarica subito dopo l’infarto acuto del miocardio rispetto a pazienti con malattia coronarica stabile.
Il livello di espressione del miR-423, dosato negli stessi pazienti a 6 mesi dall’evento acuto (IMA), risaliva a livelli comparabili ai pazienti con malattia coronarica stabile, indicando che la sua espressione sia assolutamente specifica ed indicativa dell’evento acuto. L’identificazione di questo nuovo biomarcatore genomico, se pur da validare su casistiche di popolazione diverse, apre interessanti prospettive di medicina personalizzata e indirizzata ad identificare preventivamente gli individui a maggior rischio di sviluppare infarto acuto del miocardio.
Lo studio e’ stato effettuato grazie al contributo della Fondazione Roma.