La Guardia di Finanza ha scoperto due organizzazioni responsabili di truffa ai danni dell’Inps, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e caporalato. Nel corso delle operazioni sono stati sottoposti a sequestro beni per un valore pari ad oltre 65 mila euro nei confronti degli indagati e sono stati bloccati pagamenti da parte dell’Ente Previdenziale per circa 470 mila euro.
Nell’operazione ingaggio, agli arresti domiciliari è finito un imprenditore agricolo di Comiso G.S. di 32 anni, e l’obbligo di presentazione alla P.G. per altri tre soggetti, G.N. (di anni 22, fratello del predetto imprenditore) I.G. (di anni 47, consulente del lavoro di Santa Croce Camerina) e R.M. (di anni 44, imprenditore agricolo di Santa Croce Camerina). L’operazione mercurio dispone invece l’obbligo di dimora nei confronti di tre persone, Q.G. (di anni 46) imprenditore agricolo di Ispica, J.R. e K.B. (di anni 41 e 54), braccianti agricoli di nazionalità tunisina. La prima delle due indagini (Op. Ingaggio) è stata condotta dalla Compagnia di Ragusa ed è partita dall’analisi di una evidente sproporzione (oltre il 700%) tra le giornate di lavoro che gli imprenditori segnalavano all’INPS mensilmente e quelle desunte dai dati statistici regionali sulla base dei terreni in uso agli indagati.
Le investigazioni hanno permesso di accertare come l’imprenditore G.S., avvalendosi anche della complicità del professionista, a fronte di circa 2000 giornate necessarie per l’esecuzione delle colture dichiarate, ha effettuato comunicazioni all’Istituto previdenziale per l’assunzione fittizia di circa 400 posizioni di OTD (Operai a Tempo Determinato), per un totale di 16.852 giornate di lavoro dichiarate. Si tratta di nr. 150 lavoratori che hanno lavorato solo cartolarmente, al fine di percepire indebiti pagamenti di indennità di disoccupazione, di malattia, maternità ed assegni familiari, anche a favore di famiglie composte da numerosi soggetti, non sempre presenti sul territorio nazionale. Si trattava in effetti di una vera e propria compravendita di giornate di lavoro, dove anziché essere il datore di lavoro a retribuire il bracciante era quest’ultimo a pagare l’imprenditore, spesso all’esito della percezione delle indennità.
Le indagini hanno fatto emergere che i lavoratori fittizi corrispondevano al datore di lavoro una parte somme ricevute nella misura di circa 14/17 euro per ogni giornata di falso ingaggio. Sono state anche riconosciute nei confronti dei titolari delle azienda agricole ipotesi di reato di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, in quanto in almeno 30 casi i contratti fittizi sono stati utilizzati per richiedere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno presso la locale Questura. I due titolari delle aziende agricole, anche per rendere più verosimile la presenza di braccianti, curavano comunque l’esecuzione di una minima attività lavorativa all’interno dei fondi a disposizione. Per tale attività però veniva impiegata forza lavoro irregolare, pari ad oltre 10 unità, sottopagata con circa 3 euro l’ora e tenuta in condizioni igienico sanitarie ed abitative precarie, circostanze che hanno anche fatto emergere a carico degli indagati ipotesi di reato di caporalato. Nel complesso sono 180 le persone indagate in questo filone d’indagine.
La seconda indagine (Operazione Mercurio), ha visto impegnati gli uomini della Tenenza e della Sez. Op.va Navale di Pozzallo che sono riusciti a dimostrare come tale Q.G., titolare dell’omonima ditta individuale, operante in Ispica (RG) nel settore della vendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli, avesse messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere finalizzata ai reati di truffa aggravata, falso, favoreggiamento aggravato all’immigrazione clandestina, emissione di fatture per operazioni inesistenti, lesioni aggravate ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Le investigazioni condotte dalle Fiamme Gialle hanno permesso di accertare come Q.G. abbia ingaggiato fittiziamente centinaia di braccianti agricoli al fine di creare i presupposti per far conseguire ad essi, dietro compenso, l’indennità di disoccupazione, assegni familiari, ed alte indennità, nonché, in alcuni casi, un valido titolo per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno e accedere all’istituto del ricongiungimento familiare.
Il predetto indagato, sebbene non risultasse né proprietario né locatario di fondi agricoli, aveva creato un ramo d’azienda del tutto fittizio, “attivo” nel settore della raccolta del frutto pendente (cc.dd. aziende senza terra), assicurandosi così tutti i vantaggi contributivi riservati ai produttori agricoli. Le indagini hanno permesso di accertare come i contratti di lavoro facenti capo al suddetto ramo d’azienda fossero del tutto fittizi, mentre gran parte delle operazioni contabili ad essi ricollegabili sono state artatamente “aggiustate” con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un valore di 400.000,00 euro. I due soggetti tunisini oggetti dei provvedimenti cautelari odierni hanno svolto il ruolo di veri e propri procacciatori di finti braccianti agricoli. Nel corso degli accertamenti è stato appurato che la maggior parte dei soggetti ingaggiati si trovavano fuori dal territorio nazionale, mentre risultavano a lavoro in Italia.
Particolarmente grave è il caso venuto alla luce nel corso delle investigazioni che riguarda la regolarizzazione della posizione di un operaio assunto in nero, che si infortunava gravemente sul posto di lavoro, perdendo un braccio. In questa occasione grazie all’intervento di un professionista si arriva a retrodatare l’assunzione al giorno precedente a quello dell’incidente, al fine di evitare eventuali profili di responsabilità nei confronti del datore di lavoro e truffare l’INAIL. Oltre 250 lavoratori sono risultati fittiziamente assunti nell’ambito di aziende agricole al solo scopo di ottenere l’indebita percezione di indennità o la costituzione di un titolo per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno; il sequestro di beni e risorse economiche riconducibili ai soggetti sottoposti a misura per un valore di circa 65 mila euro. L’Ente previdenziale provvederà a recuperare le somme indebitamente riscosse dai lavoratori.