Obesità, sedentarietà, ipertensione arteriosa, età avanzata, o la dislipidemia aterogena (bassi livelli di colesterolo HDL ed elevati livelli di trigliceridi) sono tra i fattori di rischio per il diabete di tipo 2.
Inoltre tra i fattori di rischio per il diabete di tipo 2 c’è anche l’appartenenza ad alcune razze/etnie (afro-americani, indiani americani, ispanici/latini, asiatici americani) e la familiarità per diabete, considerato che il diabete di tipo 2 è associato ad una forte predisposizione genetica ancor più del diabete di tipo 1. Inoltre tra i fattori di rischio noti, assume una particolare rilevanza l’Indice di Massa Corporea o BMI (dall’inglese Body Mass Index, Indice di Massa Corporea). Secondo alcuni studi italiani un aumento del BMI di 1 kg/m2 aumenta dell’8,4% il rischio di sviluppare diabete tipo 2. Tale rischio risulta inoltre aumentato del 3,5% per ogni incremento di 1 cm di circonferenza vita.
Al Body Mass Index, BMI è legato anche il numero notevole di nuovi casi di diabete mellito tipo 2 in età evolutiva, caratterizzato da un più veloce declino della funzione β cellulare e più precoce comparsa di complicanze. È auspicabile che venga fatto sempre più spesso un test di screening che non deve essere inteso come uno strumento fine a se stesso, ma deve rappresentare un momento per istruire la popolazione sulle modifiche dello stile di vita in modo da ridurre la classe di rischio e dovrebbe essere ripetuto a distanza di 3 anni, se negativo.
Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia cronica su base multifattoriale caratterizzata dalla combinazione di resistenza all’insulina periferica e alterata secrezione di insulina da parte delle cellule beta pancreatiche. L’insulina svolge un ruolo essenziale nel nostro organismo in quanto necessaria per l’ingresso del glucosio (zucchero) nelle cellule e quale fonte principale di energia. Questa fondamentale azione dell’insulina è meno efficiente nelle persone con diabete e già in quelle predisposte a sviluppare il diabete, un’alterazione nota come insulino-resistenza. Questa resistenza impone un aumento della produzione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas. Se questo effetto compensatorio viene meno si svilupperà un progressivo aumento della glicemia che sarà tanto maggiore quanto più la produzione di insulina diventa insufficiente.
La cronica esposizione dei tessuti e soprattutto dei vasi alla cronica iperglicemia aumenta il rischio di sviluppare le complicanze del diabete: retinopatia, nefropatia, neuropatia e aterosclerosi a carico dei vasi del cuore (coronarie), dei vasi afferenti al cervello (carotidi) e delle arterie degli arti inferiori. Il diabete di tipo 2 è la principale causa non-traumatica di cecità e insufficienza renale cronica e comporta un rischio da due a quattro volte maggiore di malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica e ictus) e un aumento di venti volte del rischio di amputazione degli arti inferiori. Altre complicanze includono la disfunzione sessuale e un aumentata predisposizione per le infezioni.
Queste gravi complicanze rendono conto della riduzione fino anche a dieci anni dell’aspettativa di vita delle persone con diabete di tipo 2. Anche, se non soprattutto, per questo, negli ultimi anni, questa malattia ha assunto le caratteristiche di una vera propria emergenza sanitaria visto il continuo aumento del numero delle persone affette. Secondo stime attuali, si contano nel mondo circa 415 milioni di soggetti affetti da diabete mellito, un numero destinato ad aumentare fino a raggiungere i 650 milioni nel 2040. In Italia sono oltre 4 milioni le persone affette da diabete, pari a circa il 7% dell’intera popolazione.