A Cheese, il Consorzio Parmigiano Reggiano, fa squadra, insieme agli altri produttori per sostenere il movimento dei formaggi naturali: a latte crudo e senza fermenti.
Senza dubbio, utilizzare fermenti prodotti in laboratorio facilita la vita dei casari e rende i processi produttivi piu’ veloci e standardizzati. Pero’, alla fine, il formaggio che si ricava con i fermenti industriali e’ un formaggio banale che non racconta il territorio del quale e’ espressione. La nuova sfida che si e’ posta Slow Food in questa edizione di Cheese e’ quella di tornare a una produzione dove o si fa a meno dei fermenti, cosa che in parte e’ ancora possibile anche se sempre piu’ rara, oppure i fermenti li produce il casaro stesso. Come nel caso del Parmigiano Reggiano, per il quale il "siero innesto" e’ un componente fondamentale del processo produttivo.
Anziche’ aggiungere fermenti industriali, i casari del Parmigiano Reggiano coltivano il siero della lavorazione del giorno precedente: un concentrato di "batteri buoni" che da’ al formaggio un gusto unico, quello della zona di origine, non replicabile in alcun altro luogo del globo. Su questo tema e’ intervenuto Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano: "Siamo entusiasti del lavoro intrapreso da Slow Food. E’ necessario spiegare al consumatore che cosa significhi lavorare un formaggio a latte crudo. Si va sempre piu’ verso una standardizzazione che banalizza il lavoro dei casari. Il Parmigiano Reggiano e’ una DOP che da nove secoli si presenta con la stessa ricetta e senza prendere scorciatoie".