Per la Confesercenti l’aver sterilizzato le clausole di salvaguardia da 23 miliardi di euro e’ un segno positivo ma non basta. Serve un piano di crescita per imprese che hanno bisogno di formazione, soprattuto nel mondo digitale, semplificazione, regole fiscali certe e maggior accesso al credito.
Questo e’ il quadro emerso dall’Assemblea annuale dell’associazione di categoria, che si e’ svolta a Roma e a cui ha partecipato anche il premier, Giuseppe Conte. Al centro degli interventi l’analisi della manovra economica. Giudizio sospeso, invece, per i pagamenti elettronici e l’abbassamento del tetto all’uso del contante. Se da una parte si accoglie con favore il favorire i pagamenti digitali per modernizzare il paese e per abbassare il rischio sociale e di sicurezza che grava sui piccoli imprenditori, dall’altra si sottolinea come questo debba essere affiancato da un azzeramento delle commissioni bancarie per evitare che aumentino i costi.
Dagli studi fatti dall’ufficio economico della confederazione degli esercenti, l’obbligo dei pagamenti con carte di credito e bancomat potrebbe arrivare a costare 2 miliardi di euro di aggravi sulle commissioni. Tra il 2012 ed il 2018 il numero di POS attivi in Italia e’ cresciuto del 112%, arrivando a 3,1 milioni; e il volume delle transazioni con carte di debito e’ aumentato del 57%, arrivando a 33 miliardi di euro, 12 in piu’ rispetto al 2012. Un boom che non ha trovato un riscontro proporzionale nel gettito derivante dalla lotta all’evasione. Tra fatture elettroniche e invio dei corrispettivi, inoltre, l’Agenzia delle Entrate e’ gia’ oggi in grado di monitorare H24 le imprese. Questo e’ un altro punto contestato dagli esercenti: l’equazione pagamenti elettronici uguale lotta all’evasione. Secondo la presidente Patrizia De Luise, infatti, "associare la moneta elettronica alla lotta all’evasione, non va bene. E’ un messaggio fuorviante".