Il progetto Ismers diventa un caso di studio, presentato report al convegno CNPI a Matera. L’ispicese Corrado Monaca direttore di Betontest ha illustrato il metodo e i risultati delle analisi su tredici edifici pubblici, individuati con il Libero Consorzio di Ragusa, la Soprintendenza e i Comuni del Sud-est siciliano.
Le nuove tecnologie stanno cambiando i metodi di conservazione, messa in sicurezza, valorizzazione e fruizione dei beni culturali. Se ne è parlato ieri mattina a Matera nel centro culturale Casa Cava nell’ambito di un convegno dal titolo “La sfida tecnologica dei beni culturali: il ruolo del perito industriale”. Il convegno, organizzato dal Consiglio Nazionale Periti Industriali (CNPI), ha visto la presenza dei massimi esperti nazionali in materia: docenti universitari, sovrintendenti, tecnici, consulenti e amministratori pubblici. Tra gli altri, anche Giampaolo D’Andrea, consulente del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, in sostituzione del ministro Dario Franceschini, assente per impegni istituzionali. Obiettivo: approfondire le modalità con cui oggi le tecnologie intervengono nella valorizzazione del patrimonio culturale, tramite testimonianze sulle buone prassi e sulle esperienze di rilievo.
Tra queste, si è parlato anche del progetto Ismers, Idoneità Statica Manufatti Edifici nei centri storici ad alto Rischio Sismico (cartella clinica edificio), cofinanziato con fondi Horizon 2020 – Pon MISE 2014/2020 che dal giugno 2018 per 24 mesi ha visto impegnati i laboratori di ricerca Betontest di Ispica, il Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento e la spin off accademica Xrd Tools in una serie di analisi effettuate sia con sistemi tradizionali sia con metodi innovativi su tredici edifici pubblici, individuati di concerto con il Libero Consorzio di Ragusa, la Soprintendenza e i Comuni del Sud-est siciliano. Il capo progetto, Corrado Monaca, responsabile dei laboratori di ricerca Betontest ha illustrato il metodo di lavoro e i risultati raggiunti in una relazione dal titolo “La diffrattometria da laboratorio ai raggi x in loco per l’edilizia”.
Monaca, dopo aver ricordato che la prima applicazione della diffrattometria in loco in edilizia in Italia è stata eseguita a Palazzo Pandolfi a Pozzallo nel 2008 per la realizzazione del fascicolo del fabbricato del CNPI, ha illustrato le fasi e gli obiettivi del progetto. Esso punta a misurare le deformazioni reticolari per risalire agli sforzi o carichi di esercizio allo stato attuale. Chiuse le fasi relative alle indagini tradizionali e alle misurazioni reticolari effettuate mediante un diffrattometro robotizzato a raggi x, i ricercatori stanno lavorando a un sistema di Intelligenza artificiale, in vista della realizzazione del Calibro-correlatore, lo strumento che consentirà di correlare i parametri macroscopici con quelli alla nanoscala e “leggere” la vulnerabilità sismica o lo stato di degrado strutturale degli edifici. Nella prima fase, ha spiegato il relatore, sono state effettuate oltre 20 diverse tipologie di analisi, da quelle tradizionali a quelle più innovative su misure reticolari alla scala nanometrica.
Il progetto consente agli Enti pubblici coinvolti di usufruire senza costi di una “radiografia” strutturale degli immobili, necessaria per poter accedere ai finanziamenti per gli adeguamenti sismici, finora preclusi per mancanza di risorse da destinare agli indispensabili accertamenti tecnici. Monaca si è soffermato anche sul metodo adottato: un partenariato pubblico-privato, attivo e partecipativo, costruito con obiettivi precisi e con il coinvolgimento di vari operatori. Un sistema noto nel mondo anglosassone come Impact investing, ma già sperimentato a Firenze dal sindaco Giorgio La Pira negli anni Cinquanta e Sessanta con la Compagnia delle Indie. “C’è la necessità – ha concluso Monaca – di creare un sistema di monitoraggio di nuova generazione, con la tecnologia e le conoscenze oggi disponibili, per far si che il patrimonio storico e artistico del Bel Paese possa continuare a vivere.
Penso, ad esempio, ai tanti siti archeologici sparsi nel territorio nazionale che non vengono valorizzati. Per fare un esempio: la necropoli paleocristiana Moltisanti in contrada S. Marco e le aree archeologiche di Mezzagnone e Caucana nel territorio ibleo, che possono diventare un punto di attrazione turistica in uno alle risorse ambientali inespresse da inserire nel circuito dei parchi archeologici”.