E già, dopo le dimissioni da vicepresidente del consesso cittadino (“a cui mai in oltre un anno e mezzo è stato attribuito un significato politico passabile”) Maria Malfa, dopo aver precisato, per i distratti,che non si è certo dimessa da consigliere comunale, lancia i suoi segnali se non di guerra almeno da tregua armata.
“E’ ovvio che continuerò a sedere tra i banchi della maggioranza, di cui ho condiviso il progetto iniziale a sostegno della sindacatura Cassì, ma con una visione molto più critica rispetto al passato. E, in particolare, se ci sarà qualche punto che non mi convince, non avrò alcuna remora ad astenermi o a votare no, ovviamente per il bene della città. Ritengo di avere maturato una certa esperienza tra i banchi di quest’aula e voglio far sì che la stessa possa essere messa al servizio della cittadinanza, soprattutto quando ci sono da risolvere delle questioni che meritano la massima attenzione da parte dell’amministrazione comunale”. Dopo aver specificato, dicevamo all’inizio, che le dimissioni sono dovute al fatto di non aver mai potuto esercitare il ruolo di vicepresidente del consiglio comunale, tuttavia Maria Malfa tradisce nelle sue parole quello che sicuramente per lei “è stato un vero e proprio smacco nei miei confronti, sia politicamente che umanamente” ovvero il fatto di “aver appurato come a chi mi ha succeduto, dopo cinque minuti, sia stata fornita la possibilità di sedersi sullo scanno più alto del civico consesso (quello cioè di presidente per governare i lavori di aula n.d.r.).
Dopodichè la Malfa afferma a scanso di equivoci “mi sono dimessa dall’incarico di vicepresidente del Consiglio… ma non da quello di consigliere comunale. Ecco ci terrei a precisarlo a fronte di un numero consistente di persone che ogni giorno mi incontra chiedendo perché abbia abbandonato palazzo dell’Aquila nonostante l’elevato consenso, in termini di preferenze, accordatomi alle scorse amministrative. Ebbene, resto nell’aula consiliare, a svolgere il mio mandato per conto e nell’interesse della cittadinanza iblea, non solo di coloro che mi hanno votato”. (da.di.)