L’organico della pubblica amministrazione non registra incrementi significativi, migliora dal punto di vista della digitalizzazione ma sconta ancora un forte gap di genere nelle posizioni di vertice.
Lo rivela l’Istat, pubblicando i primi dati relativi al censimento permanente delle Istituzioni pubbliche. Oltre 3,5 milioni di italiani lavorano nelle 12.848 istituzioni pubbliche;, 3,3 milioni sono dipendenti. Complessivamente, nel periodo 2011-2017, il personale e’ aumentato di 62.000 unita’ (+2,1%), anche se si registra una contrazione fra coloro che lavorano a tempo indeterminato (-0,8%) mentre c’e’ un’elevata crescita (+50,6%) di coloro che non sono dipendenti e un +7,3% dei contratti a tempo determinato. Negli anni analizzati resta stabile il numero del personale dipendente per effetto del blocco del turnover, con una diminuzione (-1,1%) fra il 2011 e il 2015 e una ripresa del +1,1% nel biennio 2015-2017.
Le criticita’, dal punto di vista del personale, riguardano la disparita’ di genere. Le donne occupate sono 2 milioni, rappresentando il 56,9% del personale ma, come nel 2015, solo il 14,4% ricopre posizioni di vertice. La percentuale scende ulteriormente se rapportata alle regioni del Sud. La Sicilia e’ la regione con meno donne ai vertici (8,0%), seppur in lieve miglioramento rispetto al 2015 (7,4%), mentre l’Emilia Romagna e’ quella con il valore piu’ alto (20,8%), in diminuzione (21,2%). Il rapporto smentisce alcuni pregiudizi, talvolta piuttosto diffusi, secondo cui sarebbe il Sud ad assorbire la maggior parte delle risorse statali. In Valle d’Aosta c’e’ una percentuale (8,8 dipendenti ogni 100 abitanti) che quasi doppia quelle di Campania e Puglia, rispettivamente rappresentate da 4,4 dipendenti ogni 100 cittadini.