La cooperativa Proxima Ragusa dopo la sentenza “boschetari”: “Il lavoro di rete e sinergia è servito per fare emergere la condizione di schiavitù in cui versavano alcune vittime”. Selezionavano e poi reclutavano in Romania schiavi da far lavorare nei campi di frutta e ortaggi. Gli uomini erano sfruttati, le donne violentate. Gli schiavisti erano stati arrestati nell’estate del 2018 dagli uomini della Squadra mobile di Ragusa e nei giorni scorsi il giudice per l’udienza preliminare di Catania ha condannato a 20 anni Lucian Milea, accusato di fare parte della banda denominata dei ‘boschetari’ (‘senza tetto’, in romeno), contestandogli anche il reato di riduzione in schiavitù oltre all’associazione per delinquere, tratta di esseri umani, alcuni dei quali minorenni, e sfruttamento pluriaggravato della prostituzione, anche minorile.
Per quest’ultimi reati sono stati condannati a 17 anni e otto mesi Monica Iordan e a dieci anni Alice Oprea. Gli investigatori, coordinati dalla Dda di Catania, avevano scoperto che la banda curava il reclutamento di connazionali in Romania, il trasferimento in Italia e l’immissione nel settore del lavoro agricolo di romeni scelti tra persone in stato di estremo bisogno, analfabete o appena capaci di leggere e scrivere ed in condizione di particolare vulnerabilità. Il giudice ha disposto una provvisionale di 10.000 euro per ciascuna delle parti civili costituite: cinque vittime, l’associazione Proxima e la Cgil. Le indagini erano scattate dopo la denuncia di un romeno stanco di subire un trattamento inumano.
“A quanto ci risulta – dice Massimo Scribano, coordinatore del progetto Fari 3 attuato dalla cooperativa Proxima e finanziato dal dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri – è una delle prime sentenze del genere in Italia e per questo motivo merita la massima attenzione. Occorre rilevare come l’azione di rete sia servita a fare emergere queste gravi condizioni in cui versavano alcune persone ridotte in una situazione di vera e propria schiavitù. La violenza era fisica e verbale. La condanna inflitta agli imputati mette in rilievo la fondatezza dell’ipotesi accusatoria portata avanti anche attraverso le indicazioni probanti provenienti dalla nostra cooperativa che ha raccolto il grido disperato di alcune di queste persone costrette a fare i conti con un quadro a dir poco disumano”.
E Scribano aggiunge: “La sentenza emessa dal Gup di Catania rappresenta un traguardo importante nella lotta al fenomeno della tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento lavorativo. Fenomeno dilagante che necessita di un lavoro di rete e sinergia tra le forze dell’ordine, l’autorità giudiziaria e le associazioni operanti sul territorio che combattono tale fenomeno. L’importanza della pronuncia si ravvisa perché è una delle prime sentenze in tema di tratta finalizzata allo sfruttamento lavorativo; si registra una maggiore casistica di condanne di tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento sessuale. L’esigenza di Proxima di costituirsi nel processo penale come parte civile nasce dall’operato della cooperativa, quale ente antitratta che, giornalmente, con i propri operatori operanti sul territorio delle province di Ragusa, Siracusa, Enna, Agrigento e Caltanissetta, combatte il fenomeno della tratta di esseri umani, dello sfruttamento lavorativo con l’attività di emersione del fenomeno, nonché con l’attività di assistenza ed accoglienza delle vittime”.