Ictus, seguire una dieta di pesce riduce il rischio. Lo rivela uno studio pubblicato su Neurology, la rivista medica della American Academy of Neurology. Il team di ricerca, coordinato da Xinfeng Liu, della Nanjing University School of Medicine di Nanjing, Cina, ha analizzato sette studi riguardanti il rapporto fra proteine nella dieta e probabilità di avere un ictus: grazie alle varie ricerche, 254.489 partecipanti sono stati seguiti, in media, per 14 anni. I risultati della meta-analisi suggeriscono che chi assume regolarmente proteine ha il 20% in meno di avere un ictus, rispetto a coloro che non le assumono: insieme alla dieta, i ricercatori hanno tenuto conto di altri fattori decisivi, come il colesterolo alto o il vizio del fumo.
Xinfeng Liu ha spiegato: la quantità di proteine che hanno portato a una riduzione del rischio è moderata, cioè pari a 20 grammi al giorno. Per ogni 20 grammi aggiuntivi il rischio di ictus diminuisce del 26%: la riduzione del rischio, secondo i risultati, era correlato in maniera più significativa con le proteine animali piuttosto che vegetali. Due delle ricerche analizzate sono state condotte in Giappone, dove il consumo di carne rossa è ridotta: ciò significa che la correlazione fra elevato consumo di proteine e basso rischio di ictus viene generalmente associata alle proteine del pesce.
Il coordinatore del team ha sottolineato: Questi risultati indicano che il rischio di ictus può essere ridotto sostituendo la carne rossa con altre fonti di proteine, come il pesce. Se tutti i presenti assumessero questa quantità di proteine, ciò si tradurrebbe in una riduzione delle morti per ictus pari a 1,4 milioni di casi all’anno, oltre che a una altrettanto notevole diminuzione del livello di disabilità da ictus. In particolare, lo studio spiega che le proteine hanno la capacità di ridurre la pressione sanguigna, cosa che può svolgere un ruolo cruciale nell’insorgere di patologie come l’ictus. Xinfeng Liu ha concluso: I dati parlano chiaro: una moderata quantità di proteine al giorno comporta una riduzione del rischio.
Ma sono necessari ulteriori studi, su campioni ancora più ampi, prima di poter fare delle raccomandazioni definitive sulla dieta.