Milano, 29 feb. – "Come sempre quando un virus fa il salto di specie, l'organismo non ha una memoria immunologica di questo patogeno nuovo, non essendoci mai entrato in contatto. In questo momento si stanno affilando le armi da entrambe le parti. Lo stiamo combattendo e poi c'è la variabile rappresentata da noi medici che cerchiamo di trattare Covid-19", la malattia provocata dal nuovo coronavirus. A spiegare all'AdnKronos Salute come si stanno curando in queste ore i pazienti italiani positivi al virus ricoverati negli ospedali lombardi è Raffaele Bruno, direttore dell'unità operativa complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia.
"Partiamo dagli aspetti positivi: l'80% delle persone che si contagiano sta bene. Poi ci sono delle forme evolutive", situazioni in cui i pazienti hanno un peggioramento che si è visto essere rapido. Per trattare queste forme di infezione più gravi "stiamo usando una terapia empirica ragionata – chiarisce Bruno -. In questo momento infatti non ci sono farmaci antivirali diretti, ma ci sono dati di alcuni antivirali saggiati in vitro che si sono visti efficaci. Poi c'è tutta la parte della terapia di supporto gestita dagli intensivisti e dai rianimatori, e poi si utilizza anche un supporto antibiotico per evitare che i pazienti possano andare incontro a sovrainfezioni batteriche" in una situazione delicata come la loro.
"Si tratta – evidenzia l'infettivologo – di strategie frutto del ragionamento clinico e anche dell'esperienza di altri colleghi che si sono trovati a fronteggiare Covid-19 in giro per il mondo. In particolare colleghi della Cina e della Sud Corea e altri Paesi che hanno avuto casi sporadici nel mondo. C'è, fra gli altri, un farmaco che è stato usato per Ebola senza molti risultati e che si è visto invece essere attivo contro questa infezione. Lo avremo qui a disposizione fra qualche giorno", conclude il primario.