Roma, 29 mar. – Le ordinanze regionali e comunali che si susseguono a ritmo serrato contribuiscono alla confusione nelle comunicazioni istituzionali sul coronavirus: orari ridotti dei negozi, chiusure nei fine settimana, limitazioni nella distanza percorribile dalla propria abitazione. Il risultato è un'incertezza sulla possibilità di rifornire la propria dispensa che si traduce in lunghe code e scaffali svuotati. Ma come è cambiata la spesa degli Italiani dall'emergenza coronavirus in poi? C'è stata davvero la corsa all'accaparramento?
E quali conseguenze ha avuto? Altroconsumo ha analizzato i dati delle vendite della grande distribuzione, prima e dopo l'emergenza, mettendo a confronto i volumi di vendita, i prezzi e l'andamento delle promozioni. Ecco la fotografia del carrello degli italiani ai tempi del coronavirus. Il primo dato che emerge è che sì, la sensazione di una corsa all'accaparramento (soprattutto in concomitanza con alcune particolari notizie e provvedimenti del governo) c'è stata. Lo dimostra l'incremento dei volumi di vendita. Globalmente, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, i volumi sono aumentati del 17,8%, con punte del 105,9% per farine e miscele e 88,1% per le commodities, categoria che comprende alcol, ammoniaca e simili.
Altroconsumo poi è andato a vedere le variazioni settimana su settimana. Dal 17 e il 23 febbraio nella grande distribuzione si registra il primo aumento a due cifre rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, per arrivare a un picco (+27,9%) nella settimana dell'inizio della quarantena su tutto il territorio nazionale. Si registrano picchi anomali su tutti i prodotti. Per fare solo un esempio, nella quinta settimana dell'emergenza la categoria farine e miscele è arrivata a un aumento del 187% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Le misure restrittive e l'isolamento non sono entrate in vigore immediatamente in tutto il Paese. Anche la corsa alla spesa ha seguito questo andamento. Oltre al territorio italiano, quindi, Altroconsumo ha considerato una zona circoscritta, la cosiddetta Nanonarea Lombardia-Veneto, il cui dato comprende tutti i canali, comuni e province di Milano, Monza e Brianza, Lodi, Cremona, Piacenza, Padova, Venezia e le zone rosse di Codogno e limitrofi e Vo' Euganeo e limitrofi. Globalmente, in quest'area i volumi sono aumentati rispetto allo scorso anno, ma meno che in tutt'Italia, "soltanto" dell'11,6%. Considerando gli ingredienti alimentari di base, vediamo che nella Nanoarea Lombardia-Veneto la corsa alla scorta è arrivata una settimana prima che nel resto d'Italia, e che la tendenza all'acquisto di scorte sta tutt'altro che rallentando.
Osservando l'andamento dell'intensità promozionale, ovvero la quantità di prezzi in promozione rispetto al totale del venduto, si osserva una tendenza alla diminuzione, evidente in particolare nella quarta e nella quinta settimana dell'emergenza, dove si fanno meno promozioni persino rispetto al periodo successivo alle feste natalizie, normalmente molto scarico. Questo dato, rileva Altroconsumo, pesa su tutto il carrello e determina un evidente svantaggio per il consumatore, che già sta facendo acquisti in un regime forzato di minore concorrenza, essendo chiamato a scegliere il negozio più vicino a casa e ad accontentarsi di quello che trova sugli scaffali quando arriva il suo turno di accedere al supermercato.
Per quanto riguarda farine e miscele, in uno scaffale ormai ricco di prodotti premium, la progressiva diminuzione del prezzo medio al kg indica un corrispondente orientamento degli acquisti verso prodotti più basici, e quindi più economici, come il chilogrammo di farina bianca. Per quanto riguarda la verdura e frutta surgelata, prodotto tipico delle scorte a medio e lungo termine, considerando il prezzo medio delle confezioni si osserva una tendenza all'acquisto di confezioni di taglio maggiore.
La gobba nell'andamento del prezzo delle commodities corrisponde al picco di vendita, dove probabilmente sugli scaffali sono venuti a mancare per primi i prodotti più economici. A questo riguardo, è interessante vedere questo aumento anche in termini assoluti rispetto al prezzo medio del 2019 che era 0,52 euro/litro (+0,19 euro/litro nella settimana del 22 marzo contro +0,23 euro/litro nella settimana del 15 marzo).
L'impennata di vendite registrata dall'inizio dell'emergenza coronavirus nella Gdo, sottolinea Altroconsumo, "non si traduce in un vantaggio per il consumatore, che sta spendendo mediamente di più per effetto di una limitata possibilità di scelta (di punto vendita e di prodotti a scaffale) e delle mancate promozioni. Poichè fare la spesa è stato sempre considerato una delle necessità che permettono di uscire di casa, e l'apertura dei negozi è stata fin qui garantita, il consumatore ha di fronte due considerazioni. Sul fronte del risparmio è più sensato fare una quantità di acquisti 'normale' rispetto alla scorta, senza togliere la possibilità di acquistare i prodotti di prima necessità al prossimo in coda fuori dal supermercato".