Milano, 1 apr. – "Non è responsabile dichiarare di avere la cura" contro il coronavirus "in mano dopo aver visto due pazienti star meglio. Così si nega il diritto alla speranza che si deve garantire in medicina". Detto in altre parole: "Chi diffonde notizie di soluzioni mirabolanti senza evidenza scientifica tradisce i malati". A lanciare il monito dalle pagine del 'Corriere della Sera' è Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Irccs Humanitas e professore emerito dell'Humanitas University, immunologo fra i più citati al mondo.
Insieme a Maurizio Cecconi e Guido Forni, Mantovani firma un documento con cui la Commissione Salute dell'Accademia nazionale dei Lincei, sotto l'egida del presidente Jacopo Meldolesi, prende posizione sulla gestione dell'epidemia di Covid-19. "Abbiamo cercato di produrre un 'vaccino' contro notizie false o imprecise che circolano – spiega lo scienziato – e di fornire un vademecum a chi opera in questo campo anche al di fuori dell'Italia, in condizioni ancora più difficili, basti pensare ai Paesi africani". Tra le fake news in tema cornavirus "c'è l'ipotesi che sia stato creato in laboratorio: una falsità già circolata a proposito di Ebola, Sars, Hiv.
Ma si potrebbero fare molti altri esempi", prosegue Mantovani che si fa portavoce di un forte richiamo al rigore scientifico nella ricerca di nuove terapie, alle quali si arriva attraverso studi che devono sempre avere "basi empiriche razionali: non possiamo provare la bava di rospo soltanto perchè al momento non abbiamo altro". L'imperativo è dunque quello di "recuperare la centralità della metodologia della ricerca", perchè "anche in questa situazione è necessario trovare un equilibrio fra emergenza e rigore", avverte l'immunologo che passa in rassegna i farmaci sotto i riflettori in queste settimane.
Per esempio, chiarisce Mantovani, "sugli antivirali utilizzati non ci sono ancora prove sufficienti di efficacia nel trattamento precoce. Su alcuni l'Oms sta cercando di avviare uno studio globale e secondo noi è un approccio giusto". Ci sono poi "i farmaci per fermare il cosiddetto 'fuoco amico', cioè la risposta immunitaria fuori controllo che causa danno e non beneficio. Fra questi l'ormai celebre tocilizumab, che è entrato nelle linee guida cinesi all'inizio di febbraio dopo le sperimentazioni di Haiming Wei dell'università di Hefei. Non c'è sicurezza che dia beneficio ad alcuni malati, anche in questo caso però sono in corso studi clinici controllati per verificarne l'utilità. Altra opzione" sono le "molecole che bloccano l'interleukina-1 o il complemento (una componente del sistema immunitario, ndr), o altri farmaci ancora. Su tutte queste possibilità però serve cautela – precisa lo scienziato – perchè non sono medicinali privi di effetti collaterali".
Quanto a clorochina e idrossiclorochina, per l'esperto "c'è da dire che hanno attività antivirale ad alte dosi e anche attività sul sistema immunitario, quindi forse possono fermare il fuoco amico inappropriato, ma anche sopprimere la risposta immunitaria. In ogni caso sono farmaci con un'importante tossicità sul cuore" e "sono molto preoccupato da comunicazioni fatte al pubblico senza che vi sia un'evidenza scientifica condivisa. E' bene ricordare che l'Agenzia francese per la sicurezza dei medicamenti ha annunciato di avere avuto notifica di 30 casi di tossicità grave, fra cui 3 morti, associati a questi farmaci. E la rivista Science ha riportato di decessi causati da questi medicinali negli Stati Uniti dopo una dichiarazione del presidente che li definiva 'dono di Dio'". Mantovani ribadisce: "Sono necessarie sperimentazioni rigorose, come ad esempio quella annunciata dall'Oms".
Ancora: "Una delle possibilità evocate è l'uso di plasma di persone guarite da Covid-19 per trattare i malati. Lo stesso criterio è già stato usato per Ebola, e vi si è fatto ricorso anche in Cina, per ora senza chiara evidenza sull'efficacia – rileva l'immunologo – Un'altra possibilità è rappresentata dagli anticorpi monoclonali umani (quelli che poi danno origine ai farmaci che finiscono per 'mab', ndr) su cui stanno lavorando molti laboratori, accademici e industriali in tutto il mondo. Ci vorrà tempo per il loro impiego in clinica e comunque anche in questo caso bisognerà essere molto attenti nella sperimentazione, perchè in particolari condizioni gli anticorpi possono facilitare, invece che impedire, l'ingresso di un virus in una cellula".
E il vaccino? "Ci sono almeno una ventina di vaccini in corsa e il percorso è stato saggiamente accorciato – risponde Mantovani – Non sappiamo ancora quale arriverà per primo, ma ci vorrà tempo, anche perchè non si può non essere sicuri non solo dell'efficacia, ma anche della sicurezza, di qualcosa che potrebbe essere somministrato a miliardi di persone".