Milano, 11 apr. – "Abbiamo la cura" per Covid-19? "Non vorrei sembrarvi eccessivo, ma credo di aver dimostrato la causa della letalità del coronavirus". Sono questi i proclami che stanno rimbalzando sui 'social' in questi giorni. Parlano di farmaci già esistenti ed economici, come l'enoxaparina, che sarebbero in grado di sconfiggere il virus che sta tenendo sotto scacco l'Italia e il resto del mondo. Ma quanto c'è di vero in questi annunci? "Per parlare bisogna aver visto questi malati – puntualizza all'AdnKronos Salute Alberto Zangrillo, direttore delle Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell'ospedale San Raffaele di Milano –
Le fake news che si rincorrono sul web soprattutto quelle relative a considerazioni trionfalistiche sulla terapia sono pericolose". L'esperto tiene a precisare che la questione è più complessa di come viene presentata. "Non è che abbiamo preso un abbaglio" nelle terapie intensive d'Italia. "E' scorretto quello che si legge sul web, e cioè che questi malati semplicemente muoiono di coagulazione intravascolare disseminata, piuttosto che di infarto, o altre cose. Il trattamento di Covid-19 rimane difficilissimo e non deve mai essere banalizzato".
Ma, aggiunge, "quello che stiamo notando da tempo e che evidentemente verrà scritto presto, ma nel frattempo ci è utile per rendere sempre più efficace il trattamento, è che la polmonite è solo l'aspetto più evidente dei casi gravi che giungono in terapia intensiva. E' una costante, non vi è malato che non ce l'abbia". Però, prosegue, "nel mio istituto abbiamo eseguito Tac total body a ogni singolo paziente e quello che stiamo vedendo è una tempesta infiammatoria, che ha come target non solo il polmone ma anche tutta un'altra serie di organi e apparati. Soprattutto l'endotelio, la parte interna dei vasi".
"Vediamo inoltre in una percentuale significativa di casi – sottolinea Zangrillo – che esiste evidenza di manifestazioni tromboemboliche che peggiorano il quadro. Non è infatti da oggi che diciamo che non ci troviamo di fronte alla classica polmonite, ma a qualcosa di più complesso e differente, molto più sistemico". E' dello stesso avviso anche Luciano Gattinoni, decano dei rianimatori italiani, secondo cui Covid-19 è "una malattia sistemica che ha la massima espressione nel polmone. E colpisce prima di tutto i vasi e poi – e meno – la parte alveolare".
Sta emergendo, prosegue Zangrillo, "che fin da oggi, ma soprattutto in futuro, dovremo individuare le persone che appartengono a categorie a rischio e quando manifestano i primi sintomi essere pronti a somministrare un'adeguata profilassi: probabilmente questa comprenderà anche farmaci antiaggreganti", come l'enoxaparina, "oltre ai classici antivirali e antipiretici". "Ormai sono chiare le caratteristiche della popolazione più esposta – spiega Zangrillo – Sono in particolare gli ultra 65enni, ipertesi e sovrappeso. E' questo un pattern classico. E dovremmo cercare di individuare e prendere in carico queste persone".
Quanto agli anziani, "senza voler incolpare nessuno – ragiona lo specialista – c'è stato forse un difetto di coordinamento a livello di territorio. Queste persone, quando arrivano in pronto soccorso in una situazione in cui sono già allo stremo, bisogna sottoporle a terapie invasive come la ventilazione meccanica ed è indubbio che è tollerata molto più difficilmente da un soggetto anziano. Quindi, non è che si fa una scelta su chi curare, non facciamo alcuna discriminazione anagrafica. Cerchiamo di proteggere le popolazioni più fragili. Questa è una garanzia. Prendiamo in carico gli anziani a domicilio, iniziamo a capire che una corretta terapia domiciliare è fondamentale".
Anche il virologo dell'università Statale di Milano, Pasquale Ferrante, direttore sanitario di un ospedale del capoluogo lombardo in prima linea nell'emergenza coronavirus, l'Istituto clinico Città Studi (Iccs), fa notare come Covid-19 rompa gli schemi dei tradizionali approcci terapeutici usati finora nella lotta ai virus. L'esperto passa in rassegna gli approcci che vengono messi in campo a seconda del tipo di paziente che ci si trova davanti e dello stadio in cui si trova. E anche lui, fra le armi a disposizione cita, fra le altre, "l'enoxaparina, che viene somministrata per combattere la microembolia polmonare nell'ambito del processo infiammatorio-degenerativo dei polmoni. Cerchiamo di usare il tutto 'cum grano salis'", assicura.
Sulle peculiarità di Covid-19 Gattinoni ha anche scritto un editoriale pubblicato sulla rivista di settore 'Intensive Care Medicine'. Postandolo su Twitter, l'esperto che si trova oggi alla Medical University of Göttingen, in Germania, ha suscitato interesse fra gli addetti ai lavori, scatenando una pioggia di 180mila interazioni. Nell'articolo si esplorano le espressioni della malattia della quale, spiega l'autore, sono stati descritti gli estremi di due fenotipi: quello iniziale e quello tardivo e più complicato. "Occorre osservare, misurare, avere in testa il quadro e intervenire col presidio giusto al momento giusto.
La stessa cosa può essere utile o tremendamente sbagliata. E che il trattamento diverso influisca sull'esito è indubbio a mio avviso", ha avuto modo di dire Gattinoni, sottolineando che c'è un'estrema variabilità fra i tassi di mortalità nelle terapie intensive d'Europa. "Non si può prescindere dall'esperienza – è il messaggio – ed è importante fare tesoro delle cose che stiamo capendo" e adattare le linee guida. Lo specialista non perde l'ottimismo: "Se ne verrà fuori", è la sua conclusione.