Città del Vaticano, 16 apr. – di Enzo Bonaiuto. "Stiamo lavorando su un pacchetto di proposte, che presenteremo con ogni probabilità entro la fine della settimana: la Chiesa italiana non può stare ferma, in attesa di quel che accadrà dal 4 maggio e di cosa deciderà il Governo; ma vuole essere protagonista, pur nel massimo rispetto delle regole che saranno stabilite e ovviamente senza voler fare alcuna azione o prendere alcuna decisione unilaterale". Il sottosegretario della Cei don Ivan Maffeis sintetizza così all'AdnKronos l'iniziativa che sta assumendo la Conferenza Episcopale italiana, in vista della 'fatidica' fase 2 nella prevenzione e nel contrasto all'emergenza dovuta ai contagi da coronavirus.
"Non aspettiamo passivi fino al 3 maggio, per vedere cosa il Governo ci dirà di fare – spiega don Maffeis – Di fronte a una situazione che perdura oramai da troppo tempo, incluso l'intero periodo legato alla Pasqua, abbiamo pensato di non attendere la scadenza del decreto ma di avanzare prima le nostre idee, sentiti i vescovi delle varie diocesi, con un pacchetto di proposte che tiene conto del fatto che come Chiesa mobilitiamo un numero elevato di persone e che dunque non potremo tornare subito alla vita di prima".
Si tratta di "proposte, che sottoporremo all'attenzione del Governo e del Comitato scientifico da esso nominato, per recuperare una partecipazione della comunità religiosa, una celebrazione che oltre a essere 'per' il popolo sia anche 'con' il popolo, pur forzatamente contingentato e responsabilizzato. Senza per questo – tiene a precisare don Ivan – chiedere privilegi o corsie preferenziali; ma anche senza aspettare a braccia conserte le decisioni dall'esterno".
Assicura il sottosegretario della Cei: "E' chiaro che ci si dovrà attenere a tutte le disposizioni che sono o saranno previste, dai distanziamenti alle misure di protezione e al rispetto massimo dell'igiene e della sicurezza sanitaria: non si ammasseranno di certo i fedeli… Ma al contempo, pensiamo che si potrà avviare una 'fase di transizione' che recuperi alcune celebrazioni come le messe, alcuni riti come quelli funebri, questi ultimi nelle chiese o, se non fosse possibile, anche solo nei cimiteri".
Senza per questo "sottovalutare, ripeto, una situazione che è e resta indubbiamente grave. Ma, ad esempio, mi chiedo se non sia proprio possibile dare un estremo saluto a un familiare 'rapito' senza potergli neanche dare un ultimo sguardo e rivolgergli un'ultima preghiera, quando è richiesta".Per cui, "dobbiamo immaginare di partire dalle cose che riusciamo a gestire: certamente è più facile celebrare una messa o un funerale, piuttosto che un battesimo o un matrimonio nei medesimi modi in cui si celebravano prima dell'emergenza coronavirus – osserva don Ivan Maffeis – Sarebbe un primo passo in avanti importante, sempre senza mai mettere a repentaglio la salute di nessuno, questo è il primo imperativo".
Ribadisce il sottosegretario della Cei: "Il nostro vuole essere un atteggiamento propositivo, mai impositivo; nessuno di noi pensa ad azioni unilaterali, sarebbe da irresponsabili. Ma la comunità religiosa del Paese ha le sue esigenze e si chiede come possa tornare a essere attiva, nel momento in cui si riaprono, o almeno si auspica di riaprire, anche tante altre attività legate al mondo sociale e del lavoro". Spiega don Ivan: "Come la Confindustria o la Confcommercio o i sindacati esprimono le loro posizioni sulla riapertura di aziende, negozi, fabbriche, luoghi di lavoro, anche la Cei vuole presentare le sue proposte per la ripresa delle celebrazioni e dei riti religiosi nelle chiese".
Ma, "lo ripeto fin all'ultimo – sottolinea Maffeis – non c'è nessuna volontà di 'strappo' con le autorità istituzionali. Il Paese in tutto questo periodo ha dato una bella dimostrazione di grande coesione sociale, di dignità, di pazienza, di sopportazione di tanti disagi e di tanti colpi alla situazione economica e lavorativa. E anche la Chiesa si trova dentro questa tempesta, dalla quale cercherà, con alcune proposte costruttive, di poter finalmente cominciare a uscire".