Ragusa – L’associazione partigiani provinciale, presieduta dal senatore Gianni Battaglia ha voluto ricordare con una nota i vent’anni dalla morte di Peppino Spampinato, partigiano, ininterrottamente Presidente provinciale A.N.P.I. dal 1950 e fino alla morte avvenuta il 2 giugno 2000. Accanto all’attività di rappresentante dei partigiani fu anche tra i fondatori del partito comunista a Ragusa insieme ad un altro ex partigiano, Virgilio Failla, e nel partito ricoprì importanti cariche e ne fu anche consigliere comunale. Questo suo impegno civile politico e sindacale gli costò in quegli anni, processi e persecuzioni, anche nel lavoro; infatti negli anni ’50 fu licenziato ingiustamente dall’ECA (Ente Comunale Assistenza) per motivi politici, e vinse la causa dopo un lungo ricorso durato 10 anni, ottenendo la reintegrazione del posto di lavoro.
Dopo le battaglie ed i pericoli affrontati come combattente per la libertà contro il nazifascismo, nel 1972 subì la perdita del figlio Giovanni, giornalista dell’Unità e dell’Ora, ucciso in circostanze ancora piuttosto oscure mentre indagava su un torbido e misterioso omicidio avvenuto qualche mese prima. Giovanni si era occupato anche degli ambienti dell’eversione nera, pubblicando una ampia inchiesta su neo-fascismo e trame nere nelle provincie di Ragusa, Siracusa e Catania. La morte del figlio gli distrusse la vita, anche perché non si è mai fatta pienamente giustizia come Giovanni e il suo impegno e l’attività di giornalista meritavano e per questo Peppino ha speso tutta la sua vita a tutelare la memoria del figlio Giovanni.
La sua biografia ci ricorda che nel 1941, a guerra iniziata, viene richiamato a fare il militare e destinato a Ragusa, dove, qualche mese dopo si sposa con una giovane, Giorgia Ragusa, con la quale avrà tre figli: Giovanni, Alberto e Salvatore. Ad aprile del 1942 viene inviato in Jugoslavia, territorio di guerra, e il giorno dopo dell’armistizio dell’8 settembre 1943, assieme ai i militari italiani che erano con lui viene fatto prigioniero dai tedeschi, perché si rifiutava di passare dalla parte dei nazisti, nonostante la minaccia della fucilazione. Dopo due mesi di lavori forzati fu liberato dai partigiani jugoslavi, e senza esitazione, trascinando con sé molti militari italiani disorientati e indecisi, in maggioranza siciliani, sceglieva di unirsi ai partigiani per combattere il nazi-fascismo.
Assieme ad altre formazioni italiane in Jugoslavia ha contribuito alla costituzione del battaglione Garibaldi, che in breve si trasformò in “Divisione d’Assalto Garibaldi Italia”, dove Spampinato faceva parte del gruppo di comando, iniziando col grado di comandante di plotone fino al grado di Maggiore, a capo di una di queste Brigate, la Matteotti, formata da 1.050 uomini. Durante la liberazione di Belgrado, alla testa del suo reparto, fu ferito gravemente dai tedeschi, e ancora convalescente, ritornava a combattere con i suoi compagni. A luglio del 1945, dopo avere ricevuto due decorazioni dal governo Jugoslavo, rientra in Italia, dove gli verranno riconosciute dal Governo Italiano l’invalidità per ferite riportate in guerra, il grado di maggiore, e la medaglia d’argento al valor militare.
Ci piace chidere queste righe con una sua frase che rappresenta quasi un suo testamento spirituale “Vorremmo consegnare nelle mani delle giovani generazioni le bandiere battezzate col sangue dei gloriosi caduti, nella consapevolezza della piena coscienza democratica di un migliore avvenire. Vorremmo però la consolazione che i giovani, prendendo in consegna queste bandiere con la dovuta coscienza le portassero più avanti, più in alto, per la giustizia, la libertà e la pace.” (daniele distefano)