Modica – Tracce biologiche rinvenute in casa dai Ris di Messina ed altri elementi hanno fatto scattare ieri l’arresto del carabiniere 39enne di Giarratana, Davide Corallo, presunto colpevole dell’omicidio di Peppe Lucifora. Peppe, cuoco modicano di 57 anni, è morto in circostanze misteriose lo scorso 10 novembre 2019. Il suo corpo senza vita è stato trovato chiuso a chiave all'interno di una stanza della sua abitazione in Largo XI Febbraio al quartiere Dente di Modica. I carabinieri ieri hanno arrestato il loro collega Davide Corallo, 39 anni, enne, residente a Giarratana (Ragusa) ma in servizio nel Siracusano. Era tra i sospettati ed era stato anche sentito sul caso.
L'arresto è stato eseguito dai carabinieri di Modica, su richiesta del sostituto procuratore di Ragusa Francesco Riccio e su disposizione del Gip Eleonora Schininà. A determinare la svolta nelle indagini sono stati i risultati delle tracce di Dna raccolte dai Ris dei carabinieri di Messina all'interno della stanza dove è stato trovato ucciso il cuoco di Modica. L'indagato, durante il lungo interrogatorio al quale era stato sottoposto tra il 13 e il 14 febbraio scorso, alla presenza dei suoi legali, aveva sempre escluso la sua presenza nel luogo dell'omicidio il giorno dell'uccisione di Peppe Lucifora, sostenendo invece di averlo incontrato nei giorni antecedenti.
Ma il riscontro scientifico dell'esame autoptico e degli esami tossicologici rinvenuti nella stanza di Lucifora avrebbero fornito elementi utili per ricondurre, secondo l'accusa, la presenza del carabiniere in quella abitazione nell'arco di tempo in cui il delitto è stato consumato. Secondo i risultati dell'autopsia, qualcuno aveva colpito Lucifora con violenza tanto da fargli perdere i sensi e lo aveva soffocato strangolandolo con la mano destra. Lucifora venne trovato parzialmente svestito. Le complesse e prolungate indagini condotte dai militari dell’Arma e coordinate dal Sostituto Procuratore Francesco Riccio non hanno tralasciato nessuna delle ipotesi inizialmente paventate e ritenute plausibili, arrivando infine all’individuazione del soggetto responsabile, grazie anche al determinante apporto del reparto speciale dell’Arma preposto alle investigazioni scientifiche, il RIS di Messina.
Il repertamento e l’analisi tecnica dei campioni biologici da parte di quest’ultimo, unitamente ai segni di particolare violenza evidenti fin dall’inizio sul corpo della vittima e agli elementi acquisiti nel corso delle indagini più tradizionali svolte sul territorio dai militari dell’Arma, hanno consentito altresì di ricondurre i motivi del gesto a verosimile movente passionale, attesi i rapporti pregressi con la vittima.