Roma, 1 lug. – In vista della prova costume torna la tentazione di affidarsi a diete che promettono risultati rapidi e definitivi. Tentazione 'stroncata' dalla comunità scientifica che lancia una nuova allerta sui rischi di regimi alimentari drastici o squilibrati. Quasi tutte le diete più alla moda possono, infatti, avere conseguenze negative sulla salute e non assicurano il mantenimento della perdita di peso nel lungo periodo. Lo rivela una ricerca realizzata dal Gruppo giovani della Società italiana di nutrizione umana, pubblicata su 'Advances in Nutrition', che ha passato in rassegna gli studi condotti su 11 modelli alimentari, ed eletto 'al top' la dieta mediterranea, risultata ancora una volta la migliore per gestire il peso e prevenire malattie croniche, prima fra tutte il diabete di tipo 2.
La ricerca è una umbrella review che ha analizzato le 11 diete più popolari valutando gli effetti sui parametri antropometrici e sui fattori di rischio cardiometabolico. Nel lavoro sono stati considerati tutti gli interventi dietetici per i quali, in letteratura, sia presente almeno una meta-analisi di studi d’intervento condotti su adulti e con un confronto con diete di controllo. I parametri valutati, oltre al peso, sono stati l’indice di massa corporea, i livelli ematici di colesterolo totale, Ldl, Hdl e trigliceridi, quelli di glucosio, insulina, emoglobina glicata e la pressione arteriosa. Secondo Monica Dinu, autrice dello studio e ricercatrice presso il Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica all'Università di Firenze, "la ricerca suggerisce che, a prescindere dal tipo di dieta utilizzato, è la riduzione dell’apporto energetico a tradursi quasi sempre in una perdita di peso. L’effetto sui fattori di rischio cardiometabolico, invece, appare più eterogeneo".
Non solo. Sono emersi possibili effetti collaterali di diete drastiche o squilibrate. "Le diete iperproteiche o la dieta paleolitica, per esempio, non solo non risultano più efficaci rispetto ad altre nel promuovere la perdita di peso nel lungo periodo, ma possono indurre effetti indesiderati su alcuni parametri rilevanti, primo tra tutti il profilo lipidico. Per altri modelli alimentari, come la dieta vegetariana o la dieta nordica, le evidenze a supporto sono ancora troppo limitate. Mentre – conclude l'esperta – la dieta mediterranea e la Dash sono risultate le più bilanciate". Gli autori dello studio invitano inoltre a riflettere sul fatto che l’81% dei lavori scientifici analizzati è risultato di qualità bassa, o molto bassa. I criteri con cui sono state definite le diete di intervento e le diete di controllo sono risultati molto eterogenei, rendendo piuttosto difficoltoso il confronto tra i diversi protocolli.
Alcuni autori, per esempio, definivano 'low-carb' una dieta in cui la percentuale di energia proveniente da carboidrati era pari o inferiore al 45%; altri utilizzavano percentuali molto inferiori o, addirittura, non indicavano la quantità di carboidrati inclusi. Non solo: nella maggior parte delle meta-analisi erano stati inclusi sia soggetti sani e sia soggetti con patologie, a volte nemmeno specificate.