"Sono una quindicina in Veneto i focolai di Covid-19, e bastano due soggetti positivi per fare un focolaio. Poi abbiamo casi di importazione. Ma da giugno ad oggi abbiamo avuto in questa regione una situazione ondulante, con massimo 9 casi. E per fortuna i nuovi infetti non sono pazienti gravi. Ora è cruciale il tracciamento, e in Veneto c'è un ottimo sistema, che ci permette di circoscrivere i contatti nel giro di 24 ore". A dirlo all'Adnkronos Salute è Giorgio Palù, past president delle Società italiana ed europea di virologia, che analizza la situazione del Veneto alle prese con i focolai di Covid-19, sottolineando che merita "attenzione, non allarme. Nessuno ha mai detto che il virus è scomparso: questo è il momento della responsabilità".
"Il caso dell'imprenditore di Vicenza", che pur sapendo di essere positivo non ha rispettato la quarantena, "è sconcertante. Ma dobbiamo anche dire – sottolinea il virologo – che se in questi giorni il valore di Rt (indice di contagio) in Veneto è aumentato, si tratta di un rimbalzo. In questa fase, con pochi casi, non ha molto senso calcolare l'Rt per un periodo così breve, sarebbe utile farlo per periodi più lunghi, specie dove le rianimazioni si svuotano e i nuovi casi si riducono. Più sensato guardare altri parametri, come i casi incidenti, cioè i nuovi positivi giornalieri, e i focolai, appunto". C'è poi la questione dei casi di importazione, "dalla Serbia in Veneto, dal Bangladesh a Roma". La globalizzazione non semplifica la lotta a Covid-19. Cosa fare, dunque?
"Invitare la popolazione a comportamenti responsabili, perché il virus non è scomparso – ribadisce Palù – Anzi, fin da febbraio ho previsto che questo coronavirus, che si è adattato all'uomo molto bene come mostra anche la mutazione che ha influito sulla sua contagiosità, poteva diventare endemico. Dunque è probabile che ritorni". E se da più parti si segnalano comportamenti poco attenti, se non irresponsabili, "bisogna dire che 3 mesi di lockdown hanno avuto un impatto importante sulla psicologia umana. Un impatto che dovremo studiare. Ora, dopo la riapertura e mentre la situazione in Italia finalmente sembra migliore, c'è la pulsione a non valutare il rischio. Ma allo stesso tempo non possiamo non dire che si stanno svuotando le terapie intensive e che gli studi scientifici internazionali confermano che la carica virale è più bassa.
Insomma, il virus non se n'è andato: è il momento della responsabilità e del rispetto delle misure", conclude il virologo.