Roma – Il bonus diabete Inps è un assegno di cui possono beneficiare alcuni diabetici. Anche se viene chiamato “bonus diabete” in realtà non è un bonus ma un’indennità di accompagnamento o assegno o beneficio economico che nel 2019 è stato erogato con una cifra pari a 517,84 in alcuni casi in cui la malattia rendeva invalidante. Nel 2020 l’indennità di accompagnamento è di 520,29 euro. L’indennità di accompagnamento o “bonus diabete” come è stato definito nell’era dei bonus infatti viene concessa ai soggetti riconosciuti invalidi al 100% e anche in almeno una di queste condizioni: non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, non in grado di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore.
Per l’erogazione dell’indennità di accompagnamento non esistono limiti di età o di reddito, ma il soggetto non deve essere ricoverato in struttura con retta interamente a carico di ente pubblico. L’indennità di accompagnamento o “bonus diabete” per 12 mesi è esente da Irpef. I malati di diabete hanno anche diritto a: se lavoratori dipendenti, iscrizione alle categorie protette in caso di invalidità superiore al 46%; se dipendenti pubblici, pensione per inabilità alle mansioni; pensione di invalidità, quando la malattia è avanzata al punto tale da non permettere al paziente di avere una vita normale; esenzione del ticket sanitario per tutto ciò che concerne la malattia diabetica; diritto alla pensione anticipata, con limitazione legata a una percentuale di invalidità elevata e ai propri contributi versati: pensione di vecchiaia anticipata a 55 anni e 7 mesi di età per le donne e 60 anni e 7 mesi per gli uomini, solo se con almeno 20 anni di versamenti contributivi e con invalidità pari o maggiore all’80%; maggiorazione di 2 mesi di contributi figurativi per ogni anno di servizio, se l’invalidità riconosciuta è tra il 74% e l’80%; in caso di invalidità, per il paziente o i familiari detrazione fiscale pari al 19% sulle spese di acquisto o di adattamento di un’auto; in alcune Regioni, Iva al 4% sull’acquisto dell’auto e esenzione del pagamento del bollo; agevolazioni previste dalla Legge 104/92 (assegni, permessi e altri vantaggi per l’assistenza alle persone con diabete.
Ora vediamo quali sono i diabetici che possono fare domanda per l'indennità di accompagnamento. I diabetici che possono fare domanda sono quelli: affetti da diabete mellito di tipo 1 e 2, con complicanze micro-macroangiopatiche e manifestazioni cliniche di medio grado, corrispondenti ad un’invalidità valutata tra il 41% e il 50%; insulino-dipendenti, con un mediocre controllo metabolico e un’iperlipidemia, ovvero con un aumento dei livelli di uno o più grassi nel sangue o con crisi ipoglicemiche frequenti, non trattabili con le normali terapie, corrispondenti a un’invalidità valutata tra il 51% e il 60%; che soffrono di complicanze del diabete, come la nefropatia, la retinopatia proliferante e la maculopatia, che vengono valutate invalidanti nella misura tra il 91% e il 100%. Per richiedere l'indennità di accompagnamento o "bonus diabete" (come viene chiamato nell'era dei bonus) bastano pochi passaggi, vediamo quali. Per ottenere il bonus diabete è necessario poter dimostrare una invalidità collegata alla malattia. Serve quindi il certificato medico rilasciato dal proprio medico di base per il diabete, il medico invierà all’Inps la documentazione e solo se avverrà il riconoscimento dell’invalidità civile, dopo una valutazione eseguita da una apposita commissione medica che ne verifica i requisiti, l’Inps erogherà il "bonus diabete" o indennità di accompagnamento. Per fare domanda è necessario fare riferimento alla domanda di invalidità e legge 104, tramite: patronato, contact center al numero: 8003164, direttamente sul portale Inps con le proprie credenziali di accesso.
Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno. Diabete tipo 1: riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita. La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).
La causa del diabete tipo 1 è sconosciuta, ma caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2ß. Questo danno, che il sistema immunitario induce nei confronti delle cellule che producono insulina, potrebbe essere legato a fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici) oppure a fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri. Quest’ultima ipotesi si basa su studi condotti nei gemelli monozigoti (identici) che hanno permesso di dimostrare che il rischio che entrambi sviluppino diabete tipo 1 è del 30-40%, mentre scende al 5-10% nei fratelli non gemelli e del 2-5% nei figli. Si potrebbe, quindi, trasmettere una “predisposizione alla malattia” attraverso la trasmissione di geni che interessano la risposta immunitaria e che, in corso di una banale risposta del sistema immunitario a comuni agenti infettivi, causano una reazione anche verso le ß cellule del pancreas, con la produzione di anticorpi diretti contro di esse (auto-anticorpi).
Questa alterata risposta immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule ß, per cui l'insulina non può più essere prodotta e si scatena così la malattia diabetica. Per questo motivo, il diabete di tipo 1 viene classificato tra le malattie cosiddette “autoimmuni”, cioè dovute a una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso. Tra i possibili agenti scatenanti la risposta immunitaria, sono stati proposti i virus della parotite (i cosiddetti "orecchioni"), il citomegalovirus, i virus Coxackie B, i virus dell'encefalomiocardite. Sono poi in studio, come detto, anche altri possibili agenti non infettivi, tra cui sostanze presenti nel latte. Diabete tipo 2: È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza.
Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete. Anche per il diabete tipo 2 esistono forme rare, dette MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young), in cui il diabete di tipo 2 ha un esordio giovanile e sono stati identificati rari difetti genetici a livello dei meccanismi intracellulari di azione dell’insulina. Il diabete tipo 2 in genere non viene diagnosticato per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado severo al punto da dare i classici sintomi del diabete.
Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici. Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e con la mancanza di attività fisica: questa osservazione consente di prevedere strategie di prevenzione “primaria”, cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico.