ROMA – Ricorre oggi il ventottesimo anniversario della strage di via D’Amelio. Una assopita Palermo, arroventata dalla calura estiva in un pigro pomeriggio domenicale, il 19 luglio 1992, fu destata dal fragore di un’esplosione devastante.
La Fiat 126 imbottita di 90 chili di esplosivo, e mimetizzata tra le auto in sosta in via D’Amelio, a ridosso del centro, salta in aria. Paolo Borsellino e i componenti della sua scorta vengono uccisi mentre il magistrato di recava a far visita alla madre. Cinquantasette giorni dopo Capaci la mafia aveva rialzato il tiro.
’’A distanza di tanti anni non si attenuano il dolore, lo sdegno e l’angoscia per quell’efferato attentato contro un magistrato simbolo dell’impegno contro la mafia, che condivise con l’amico inseparabile Giovanni Falcone ideali, obiettivi e metodi investigativi di grande successo’’, afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
E aggiunge: ’’Borsellino rappresentava, con la sua personalità e i suoi comportamenti, tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più: coraggio, determinazione, incorruttibilità, senso dello Stato, conoscenza dei fenomeni criminali, competenzaprofessionale’’.
’’I valori per cui Borsellino si è battuto fino all’estremo sacrificio oggi più che mai ci ricordano che lottare contro le mafie significa difendere la nostra società – dice il presidente del Senato Elisabetta Casellati -. Dopo l’emergenza sanitaria i clan sono pronti a fare da banca per aziende in crisi e da ufficio di collocamento per chi perde il lavoro. Un rischio che lo Stato non può e non deve permettere’’.