Roma, 6 ago. – E' durata 8 anni l'avventura di James Pallotta alla guida della Roma. Dall'agosto del 2012, quando rilevò la società dal connazionale Thomas Di Benedetto, alla cessione di oggi al texano Dan Friedkin, la presidenza Pallotta ha vissuto di alti e bassi, tra cambi di allenatori, operazioni finanziarie, il progetto dello stadio e i poco edificanti risultati in campo.
In 8 anni di Roma per il magnate americano non è arrivato nessun titolo. Preso il club decide di puntare a una squadra giovane con un tecnico capace di esprimere un gioco spettacolare come Zdenek Zeman, la squadra, che aveva in rosa giovani importanti come Lamela, Pjanic e Florenzi finisce la stagione con Andreazzoli in panchina chiudendo sesta e perdendo la finale di Coppa Italia coi cugini della Lazio.
Ceduti per rispettare il fair play finanziario Marquinhos, Osvaldo e Lamela, il club acquista Benatia e in panchina punta sull'ex Lille, Rudi Garcia. L'allenatore francese chiude secondo la stagione 2013/14 dopo un promettento record di vittorie iniziali ma terminando alle spalle della Juventus. Stesso copione l'anno seguente, bianconeri campioni e Roma seconda, arrivarono Manolas e Seydou Keita per provare a riportare i giallorossi ai massimi livelli visto il ritorno in Champions League, ma proprio in Europa la sconfitta per 7-1 contro il Bayern Monaco è una doccia gelata per i sogni di grandezza dei giallorossi.
Nella stagione 2015/2016 la Roma si rinnova con l'innesto in rosa di Dzeko e Salah ma alla 19esima giornata Garcia viene esonerato, al suo posto Luciano Spalletti. La stagione è deludente con l'eliminazione prematura in Coppa Italia e la clamorosa sconfitta per 6-1 in Champions League contro il Barcellona, in campionato la Roma chiude terza.
Nella stagione 2016/2017 Spalletti e la Roma finiscono nuovamente secondi alle spalle della Juve con 87 punti, a creare malumori tra il popolo giallorosso l'addio di Francesco Totti. Per la stagione 2017/18 in panchina c'è Eusebio di Francesco che dopo una eliminazione in Coppa Italia negli ottavi, in Champions League porta la Roma fino alle semifinali dopo aver battuto il Barcellona per 3-0 rimontando il 4-1 dell'andata. Il terzo posto in campionato chiude quella che si può considerare la miglior stagione dell'era Pallotta. Totti entra in società come dirigente nel 2017 lasciando due anni dopo per divergenze con la società, divergenze che aumentano la spaccatura tra la proprietà americana e i tifosi.
La stagione 2018/2019 è un flop per Di Francesco che dopo la sconfitta nel derby a marzo e il ko col Porto negli ottavi di Champions, lascia. Al suo posto Claudio Ranieri che termina la stagione in sesta posizione. Il resto è storia di questi giorni, la stagione appena conclusa ha visto l'approdo in panchina di Paulo Fonseca che ha terminato il campionato al quinto posto che vale l'accesso diretto alla prossima Europa League.
A pesare sulla presidenza Pallotta, a detta dei tifosi, la distanza tra il n.1 del club Oltreoceano e la Capitale. Una distanza che ha pesato sulla gestione dell'addio al club di due bandiere come Totti e Daniele De Rossi simbolo di quella romanità a cui la piazza è molto legata e che Pallotta non ha saputo comprendere.
Una diversa lettura della Roma tra il presidente e la piazza, con Pallotta businessman che ha valutato in maniera fredda e manageriale la gestione dei giocatori con le tante cessioni che hanno fatto storcere il naso ai tifosi che vivono in maniera viscerale le vicende della squadra.
E' poi mancato un tassello importante, quello del progetto dello stadio di proprietà che si è arenato nelle lungaggini burocratiche tra il via libera all'impianto di Tor di Valle e tutto il seguito, un asset su cui Pallotta puntava per fare della Roma una società competitiva a livello di top club europeo.