Ragusa – Assolti perché il reato non sussiste. Termina con l’assoluzione per Vincenzo Cascone e Sebastiano Patanè la querela per diffamazione da parte della cooperativa Gulliver, che gestiva l’emittente Telenova, formulata nel 2015. Cascone e Patanè sono stati difesi dall’avvocato Fabrizio Cavallo, che ha dimostrato come i confronti su posizioni divergenti avvenivano all’interno di un contesto politico, e che nessun altro fine muoveva le critiche se non la difesa di un valido esponente politico. “Nel 2015 – racconta Vinceno Cascone – presi parte a un dibattito politico in merito a un’inchiesta che coinvolse l’allora assessore alla Cultura della giunta Piccitto, Stefania Campo, inchiesta che riguardava presunte pressioni che la stessa avrebbe fatto, sfruttando il suo ruolo, nei confronti di una cooperativa.
Per chi conosce Stefania personalmente, ma anche per chi ne segue l’attività politica, trovavo non solo surreale l’accusa, ma anche strumentale per destituirla dal suo ruolo politico, che in quel periodo svolgeva brillantemente, con grande beneficio degli operatori culturali della città. L’attacco giornalistico, tra l’altro, proveniva da Telenova, con cui avevo spesso collaborato, anche per un mio lavoro dedicato al giornalista Giovanni Spampinato. Proprio in nome di quest’ultimo, e di un giornalismo votato alla ricerca della verità e quindi scevro da qualsivoglia strumentalizzazione politica, abbiamo ingaggiato un dibattito esteso a tutta la città e una campagna di sensibilizzazione per far rientrare l’assessore all’interno dell’amministrazione. Ci ritrovammo spesso nei canali social a dialogare e polemizzare, anche con toni accesi, sulla veridicità dell’inchiesta e le illazioni in essa contenute.
Confronto che, attraverso la dialettica, poteva essere utile sia alla testata giornalistica per dimostrare le proprie tesi, sia all’opinione pubblica per farsi un’idea dell’inchiesta in questione. Enorme fu la mia sorpresa quando mi vidi recapitare, un avviso di comparizione per l’attività istruttoria in merito ad alcuni miei commenti su Facebook, in cui dibattevo con il responsabile dell’emittente sulla non plausibilità dell’inchiesta. La “querela per diffamazione” può essere uno strumento di legittima tutela per chi viene offeso in maniera grave e gratuita, ma avviare un procedimento penale contro dei soggetti che criticano non tanto l’autore, ma l’azione giornalistica utilizzata a fini strumentali, fu per me un gesto di rinuncia al confronto, da chi dovrebbe difendere la libertà di pensiero: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Che una testata giornalistica si dimentichi dello stesso principio costituzionale che sorregge la propria autonomia e attacchi dei cittadini che manifestano un dissenso ai termini di un’inchiesta, prima ancora che un atto di forza mi sembra un paradosso. Resta l’amaro in bocca per il tentativo di utilizzare il giornalismo come strumento per imporre la propria visione dei fatti e non per la ricerca della verità, ma soprattutto di non aver promosso quella fiducia tra la stampa e lettori che sta alla base di un giornalismo ‘realmente libero’”. Anche Sebastiano Patanè ha voluto commentare l’assoluzione "Sono estremamente contento e soddisfatto per la nostra assoluzione. Una accusa grave e ingiusta che andava a minare la libertà di pensiero scritta dai nostri padri, nell'articolo 21 della costituzione”.Ho sempre creduto, in cuor mio, nella Giustizia e nel lavoro svolto della Magistratura.
Ambedue concludono nel ringraziare l'avvocato Fabrizio Cavallo e il suo staff per l'impegno esemplare assunto nel nostro atto difensivo.