Si è finalmente chiuso poco prima della fine dell’anno 2020 il buco dell’ozono sull’Antartide dopo che nei mesi precedenti aveva assunto dimensioni da record che avevano preoccupato gli scienziati. Lo ha affermato la World Meteorological Organization (Organizzazione Metereologica Mondiale – Omm), spiegando che il buco nello strato di ozono che protegge la Terra dai raggi ultravioletti ha raggiunto la dimensione record di 24,8 milioni di chilometri quadrati lo scorso settembre. La chiusura, invece, risale al 28 dicembre, quando il buco più grande mai misurato si è finalmente chiuso. "Le ultime due stagioni di buchi dell'ozono hanno dimostrato la variabilità anno su anno di queste brecce e migliorato la nostra comprensione dei fattori responsabili di queste formazioni, della loro estensione e della loro pericolosità" si legge nella nota della WMO.
Il buco dell'ozono sull'Antartide è un fenomeno naturale che si ripresenta a intervalli regolari: scoperto per la prima volta nel 1985, solitamente si apre ogni anno tra agosto e dicembre. Può essere influenzato da eventi atmosferici naturali o da fattori umani, come l'inquinamento. Nel caso del buco del 2020, un vortice polare molto forte ha portato a una costante diminuzione delle temperature alle altitudini dello strato di ozono, prevenendo allo stesso tempo l'arrivo dell'aria ricca di ozono che lo avrebbe "guarito". Per quanto riguarda invece l'impatto umano, esistono una serie di agenti chimici in grado di impattare sullo strato di ozono. Nel 1987 il Protocollo di Montreal ha regolamentato 100 di queste sostanze, portando a una graduale ripresa dello strato di ozono. Secondo gli studi, la situazione tornerà ai livelli precedenti il 1980 entro la metà del secolo.
"Abbiamo bisogno di continue azioni internazionali per rinforzare il Protocollo di Montreal" ha spiegato la WMO. "Ci sono ancora molte sostanze dannose per l'ozono nell'atmosfera".