Da qualche giorno in Italia si registra una vera e propria psicosi di massa sui servizi di messaggistica per smartphone, dopo l’avviso diffuso da WhatsApp ai propri utenti circa le nuove condizioni contrattuali e i termini di servizio dell’applicazione. Lo denuncia oggi Consumerismo No Profit, associazione di consumatori specializzata in tecnologia, che sta registrando una fuga di massa degli utenti verso app di messaggistica alternative, come Telegram o Signal. "L’ultima comunicazione diffusa da Whataspp ha creato molta confusione in merito alla gestione della privacy degli utenti – spiega Luigi Gabriele, presidente di Consumerismo – Di certo l’azienda ha peccato di poca trasparenza sul passaggio in cui si precisa ai clienti che tutte le loro informazioni sono condivise con Facebook per garantirne protezione, sicurezza ed integrità sulla base del legittimo interesse e non per scopi di profilazione e pubblicitari propri del social statunitense, perché ciò richiederebbe l’accordo con la Irish Data Protection Commission e le altre Autorità europee per la protezione dei dati”.
Un messaggio che ha creato "una psicosi, portando centinaia di migliaia di utenti ad abbandonare WhatsApp per servizi analoghi come Signal o Telegram, a dimostrazione di come gli italiani siano sempre più attenti alla propria privacy e siano disposti a cambiare le proprie abitudini per difenderla", aggiunge Gabriele. Consumerismo No Profit seguirà questo tema importantissimo per la tutela dei consumatori, affinché si faccia chiarezza sulle "zone grigie relative al trattamento dei dati personali degli utenti, in modo che gli stessi abbiano tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni consapevoli", spiega. Il fondatore di Telegram, Pavlov Durov, ha fatto sapere che Telegram ha registrato un aumento di +25 milioni di utenti nelle ultime 72 ore. Ma sui rischi connessi alla privacy anche dei nuovi servizi di messaggistica per smartphone interviene anche Visionari No Profit, associazione per la promozione e la divulgazione di scienza e tecnologia per il miglioramento della società. "In pochi sanno che tali servizi utilizzano spesso gli stessi codici e raccolgono, al pari di Whatsapp, una serie di informazioni dei cittadini che ne fanno uso -spiegano gli esperti-
Ad esempio WhatsApp e Signal utilizzano lo stesso codice di crittografia per i messaggi: quello sviluppato da Open Whisper Systems (che è la fondazione che ha creato Signal)". Telegram, invece, "non ha una crittografia End to End (E2E), ovvero, i messaggi non sono crittografati sui server di Telegram, e si può risalire quindi al loro contenuto. Le uniche chat di Telegram che hanno una crittografia, sono le 'chat segrete'. Bisogna dunque iniziare a messaggiare con qualcuno tramite chat segreta, se si vuole avere una chat crittografata", informa Visionari. Non solo. "Telegram, alla pari di WhatsApp, rileva e condivide metadati, posizione, soggetti a cui abbiamo inviato messaggi, durata delle conversazioni, etc., e non si conosce la destinazione dei dati degli utenti raccolti dalla società", avvertono.
Signal al momento "non raccoglie metadati, e sembra offrire un’alternativa, trattandosi di una fondazione e non di un’azienda privata. Tuttavia raccoglie comunque informazioni come il numero di telefono dei propri utenti, e ad oggi non è dato sapere se e come siano utilizzate tali informazioni", è l'analisi di Visionari. Ad oggi, comunque, "passare da WhatsApp ad altre piattaforme di messaggistica risulta piuttosto inutile -spiegano- Questo perché la quantità o le tipologie di dati raccolti non sono elementi utili a definire la sicurezza si un servizio di messaggistica istantanea, né a livello informatico, né a livello di privacy, senza contare che abbandonare WhatsApp per altri servizi ma mantenere il proprio account su su Facebook, Twitter, Instagram o altri social, non modifica il bilancio tra dati protetti e dati rilasciati".