Dopo la prima ondata di Covid-19, il timore di medici e virologi era il possibile collasso del sistema sanitario a partire dall’autunno, in occasione della temuta seconda ondata, in cui i ricoveri per la malattia causata dal nuovo Coronavirus si sarebbero sommati ai già molti casi di influenza che si registrano ogni anno durante la stagione invernale. Tuttavia, quanto previsto non si è – fortunatamente – avverato: l’uso di mascherine e altri dispositivi di protezione, così come una disinfezione più frequente delle mani e degli ambienti, nonché il rispetto del distanziamento sociale, hanno infatti quantomeno permesso la riduzione dell’incidenza di casi influenzali. L’influenza stagionale, infatti, è una comune malattia che – esattamente come il Covid-19 – si contrae per via aerea attraverso il contatto con la saliva e le secrezioni respiratorie emesse da soggetti infetti. I picchi influenzali maggiori si verificano in genere tra dicembre e febbraio, quando le difese immunitarie si abbassano a causa delle basse temperature e la mucosa nasale (una delle prime barriere del nostro organismo contro virus e batteri) risulta più secca per via della ridotta umidità che caratterizza il periodo invernale. Venire colpiti dall’influenza è piuttosto semplice e questo avviene più facilmente in ambienti chiusi o tramite il contatto indiretto con oggetti che sono stati a loro volta contaminati, come nel caso delle maniglie delle porte o di altri oggetti.
Influenza stagionale: per quanto tempo si è contagiosi?
La pandemia di Covid-19 ha portato i cittadini ad avvicinarsi a questioni sanitarie che fino a poco tempo fa erano esclusivo appannaggio di medici ed esperti del settore, e a porsi domande anche su malattie che prima si consideravano solo un banale malanno passeggero, come l’influenza stagionale: come funziona la trasmissione di un virus influenzale? Per quanto tempo permane nell’organismo? Si possono contagiare gli altri anche quando ci sembra di essere guariti?
Proviamo a fare chiarezza. Nel momento in cui veniamo affetti da influenza stagionale, il virus inizia a replicarsi molto velocemente all’interno dell’organismo. Possiamo essere contagiosi sin dal periodo di incubazione e rimaniamo tali fino a circa cinque giorni dalla comparsa dei sintomi. In alcuni casi, tuttavia, la contagiosità può permanere fino a circa dieci giorni dopo l’infezione, anche se apparentemente il soggetto infetto sembra guarito e non presenta più sintomi. Inoltre, il periodo di contagiosità si protrae più a lungo in caso di infezione nei bambini e nelle persone con un sistema immunitario indebolito. Per queste ragioni, è sempre opportuno adottare particolari accorgimenti anche qualche giorno dopo la scomparsa dei sintomi: igienizzare frequentemente le mani e le superfici con detergenti appositi, areare gli ambienti e utilizzare dispositivi di protezione come le mascherine permette di scongiurare ulteriormente il pericolo di contagio.
Influenza stagionale: come curarla
In genere l’influenza non ha bisogno di particolari cure nelle persone sane. In caso di insorgenza di questa patologia, infatti, la terapia migliore è quella del riposo totale, evitando quindi di andare a lavoro o a scuola fino a completa guarigione. Altrettanto importante è rimanere al caldo ed evitare la disidratazione assumendo molta acqua e aiutarsi, eventualmente, anche con l’assunzione di tisane calde e minestre. In caso di febbre alta e dolori articolari possiamo ricorrere all’assunzione di paracetamolo o ibuprofene. Se invece i soggetti affetti sono persone fragili, hanno un’età superiore ai 65 anni, sono donne incinte o sono affette da malattie croniche o da indebolimento del sistema immunitario, allora sarebbe opportuno effettuare una visita dal medico curante. In questi casi, infatti, potrebbe essere necessaria una terapia farmacologica che possa intervenire sui sintomi e aiutare a velocizzare il recupero. La terapia farmacologica può prevedere l’assunzione di antivirali come amantadina, rimantadina o zanamavir, ma solo in precisi e specifici casi. Nella maggior parte dei casi, ricordiamo, non è necessario assumere questo tipo di farmaci per combattere l’influenza stagionale.
Influenza stagionale: come prevenirla
Per prevenire l’insorgenza dell’influenza stagionale è sicuramente importante cercare di limitare la diffusione del virus. Seguire le norme igieniche è quindi molto utile, non solo per contrastare la trasmissione virale ma anche per evitare la proliferazione di germi e batteri che possono attaccare le difese immunitarie. È quindi importante ricordarsi di lavare spesso le mani, coprire naso e bocca quando si tossisce o stranutisce con un fazzoletto e buttarlo subito via e, infine, di areare spesso i locali.
Il modo migliore per prevenire l’influenza stagionale, tuttavia, rimane sempre quello di vaccinarsi, per tre motivi principali:
– Il vaccino diminuisce la probabilità di contrarre l’influenza (pur non eliminandola del tutto, dal momento che con il passare del tempo i ceppi virali mutano);
– In caso di contagio i sintomi risultano meno gravi;
– Non serve a proteggere solo noi stessi ma anche le persone che abbiamo attorno.La somministrazione del vaccino avviene per via intramuscolare nel braccio per tutti i soggetti di età superiore ai 2 anni. Una sola dose è sufficiente per i soggetti di tutte le età superiori ai 9 anni, mentre per i bambini al di sotto di questa soglia, e mai vaccinati in precedenza, si consigliano due dosi di vaccino da somministrare a distanza di almeno quattro settimane.
Il vaccino antinfluenzale è caldamente consigliato a tutti, in particolare ad alcune categorie di persone, tra cui:
– Donne incinte, per evitare che il virus raggiunga il feto ed eventualmente complichi la gravidanza;
– Bambini piccoli, in quanto hanno difese immunitarie meno efficienti degli adulti, trascorrono più tempo in ambienti chiusi e affollati e potrebbero non seguire le norme di igiene;
– Anziani sopra i 65 anni, in quanto l’avanzare dell’età comporta una riduzione fisiologica delle difese immunitarie;
-Tutti i soggetti che soffrono di particolari disturbi di salute e i soggetti patologicamente immunodepressi, tra cui, ad esempio, persone affette da: malattie dell’apparato cardiocircolatorio, malattia polmonare cronica ostruttiva, fibrosi cistica, diabete, AIDS (HIV), malattie renali e malattie epatiche.
In particolare, per questa ultima categoria, la somministrazione del vaccino è particolarmente utile ad evitare che il virus influenzale possa scatenare complicazioni gravi.