Sappiamo che è un verbo transitivo della prima coniugazione e che è usatissimo nella vita quotidiana. Da piccoli abbiamo cominciato all’asilo a spalmare la cera Pongo (allora si chiamava così, ora non so come si chiami, o se ancora esista). Già alle elementari abbiamo cominciato invece a spalmare la marmellata sul panino (mica c’erano merendine, barrette, fiocchi di vario genere) e da liceali, durante la ricreazione correvamo alla bottega difronte a scuola e farci spalmare sul francesini la crema bicolore che il titolare prelevava direttamente dalla maxi scatola di latta. E poi, e poi, con l’avvento della nutella siamo diventati un popolo di spalmatori indefessi, a tutte le età, molto spesso di nascosto o, per uscire dall’ombra complice del peccato, ci siamo esibiti in complicate manovre per spalmare con le crema paradisiaca la fetta di pizza fatta in casa, degna e ghiotta conclusione di ogni mangiata sabatina con gli amici, a tutte le età.
Da adulti le nostre mogli compagne fidanzate ci hanno ‘costretto’ a spalmare pitture colorate (come i personaggi della vignetta che pubblichiamo) su pareti e pareti di soggiorni cucine e stanze varie. E qualcuno, molto disinibito e peccaminoso, sognerà di spalmare burro alla maniera di Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi. O, magari, in versione casalinga, magari della panna spray per ravvivare ménages ormai infiacchiti e un po’ spenti. Ma, oddiomio, spalmare i morti, questo mai ce lo saremmo potuto aspettare, manco nei peggiori incubi. E sì perchè, di tutta questa brutta vicenda che sta travolgendo la sanità siciliana (sulla quale non facciamo alcun commento, perchè sarà la magistratura a dire le sue parole) forse quello che rimarrà impresso a molti, se non a tutti, sarà proprio quella frase a proposito dei morti “… quelli di Ragusa, Ragusa 5! allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni”. (daniele distefano)