23 maggio 1992, ventinove anni fa, un sabato. Chi scrive ricorda ancora benissimo quella giornata non con il senno del poi ma perchè allora si era intrecciata con una vicenda familiare tutto sommato seria ma non grave, ma che nell’arco di quelle ore convulse era stata scandita, a partire da quelle fatidiche 17,57, con i frammenti di notizie che cominciavano a circolare con canali di diffusione che non erano certo quelli a cui siamo ormai abituati. Solo a sera, avviato a soluzione il problema familiare di salute, con il classico telegiornale delle 20 cominciò a delinearsi l’enormità di quello che è passato alla storia con un termine dialettale siciliano che contiene tutta la descrizione meglio di mille parole “l’attentatuni”.
Alla preoccupazione personale di quanto era accaduto a casa subentrò ben altra angoscia “possibile che quanto accaduto sia reale… possibile che la mafia riesca a far esplodere con 500 chili di esplosivo una pezzo di autostrada facendo prima volare in aria e poi mandando a pezzi auto blindate…possibile che il rientro segreto di Falcone e di Francesca Morvillo da Roma tale non fosse e che i killer fossero pronti con il telecomando della bomba in mano…?”. Domande che ancora oggi sono in gran parte senza risposte ma che allora ci fecero dire “ma allora siamo davvero, questa isola è davvero senza speranza?”. (daniele distefano)