Anche il tormentone dell’estate 2021 dovrà essere rivisto. Niente più vocali di 10 minuti come cantavano i The Giornalisti. Quest’anno chi ha amici, parenti e amanti che inviano messaggi fiume potrà tirare un sospiro di sollievo: grazie alla nuova funzione di Whatsapp il vocale diventa lungo appena 5 minuti. Da poco infatti l’app di messaggistica istantanea più diffusa al mondo ha introdotto una nuova funzione che risponde alle esigenze dei tempi: la possibilità di accelerare di una volta e mezza o addirittura due la riproduzione dei messaggi vocali. Un settore, quello delle modiche alla velocità, che già da tempo è praticato sui video: Youtube consente per esempio di rallentare un video fino allo slow motion, opzione ideale per comprendere bene certi passaggi interni per esempio a un tutorial o di accelerarlo per mandare avanti il film in un punto noioso.
Tornando ai vocali, la storia è breve ma intensa: osteggiati all’inizio, snobbati da molti, ormai sono sdoganati quasi ovunque, anche se si prova a porre un freno con delle regole di netiquette. Ad esempio: no ai vocali troppo corti, per dire una frase breve è più educato scrivere. E neanche troppo lunghi, 20-30 secondi è la durata ideale, altrimenti tanto vale fare una telefonata. Se non possiamo telefonare in quel momento, almeno dividiamo quello che abbiamo da dire in macro argomenti da meno di un minuto ciascuno. E cerchiamo di essere coincisi, senza pause e ripensamenti a metà messaggio. Infine: la reazione del ricevente. Se ai nostri vocali risponde sempre con un messaggio di testo, forse sta cercando di dirci in modo gentile che non apprezza questo mezzo di comunicazione. Amati o odiati, la nuova funzione li rende sicuramente più gestibili e sopportabili, dalle chat di classe a quelle dei parenti, da quelle degli amici a quelle di lavoro. La velocità raddoppiata non sempre lascia il messaggio comprensibile, mentre quella aumentata di una volta e mezza è spesso un metodo efficiente per ridurre i tempi di ascolto e catturare i concetti principali del messaggio.
Non solo per whatsapp: la funzione “fast forward” è sempre più usata per risparmiare tempo. Nel 2006 un film con Adam Sandler ipotizzava uno scenario tra il comico e il fantascientifico in cui con un telecomando il protagonista era in grado di accelerare gli eventi della sua vita, per raggiungere più in fretta gli obiettivi di carriera, o per “saltare” le parti noiose o tristi: ingorghi, cene di famiglia, malattie. È quello che, in fondo, facciamo da anni con la pay tv: mettiamo in pausa, mandiamo avanti le pubblicità, e in certi casi scegliamo di guardare velocizzati un evento o un film o una serie tv dai ritmi lenti, magari aiutandoci con i sottotitoli da leggere a colpo d’occhio. La funzione della velocità aumentata esiste da tempo anche per tutte le maggior app di audiolibri e podcast. Un modo per ascoltare più parole in meno tempo, ma quanto se ne assimila veramente? E soprattutto ci si chiede (in toni un po’ apocalittici): che gusto c’è ad ascoltare Anna Karenina a velocità doppia solo per appuntarsi sul petto la medaglia di aver “letto” un classico?
Il dibattito libri contro audiolibri, anche senza velocità aumentata, è acceso quasi quanto quello ebook contro cartaceo. Negli anni si sono moltiplicati studi che hanno analizzato la capacità di comprensione di un testo a seconda del metodo di fruizione. I risultati spesso contrastanti hanno portato a una conclusione: siamo ancora padroni del nostro destino. A fare la differenza sulla capacità di apprendere e ricordare non è tanto il supporto o la velocità, quanto lo scopo di chi legge o ascolta, in grado di decidere quanta attenzione dare a un testo o a un messaggio, e non fare la fine di Woody Allen quando diceva. “Ho fatto un corso di lettura veloce, ho letto Guerra e Pace in venti minuti. Parlava della Russia”.