In caso di ferie non godute cosa succede al lavoratore e al datore di lavoro? Si perdono? O vengono pagate? Per la Cassazione, le ferie sono un diritto irrinunciabile dei lavoratori e ogni lavoratore ha diritto, in generale, a quattro settimane di ferie tenuto conto tuttavia del contratto individuale e del CCNL applicato. La materia è interamente disciplinata dalla legge: il diritto del lavoratore al godimento delle ferie è sancito infatti dall’art. 2109 del Codice Civile e regolato dal D.Lgs n.66/2003 e D. Lgs 213/2004. Generalmente il lavoratore dipendente deve utilizzare due settimane di ferie nell’anno di maturazione e i giorni residui, invece, possono essere utilizzati entro i 18 mesi successivi, ad eccezione dei lavoratori in cassa integrazione. Trascorsi 18 mesi dal periodo di maturazione le ferie non saranno perse, ma rimarranno a disposizione del lavoratore e per il datore di lavoro spetta l’obbligo di versare i contributi previsti.
Sebbene la legge in materia non preveda la possibilità da parte del lavoratore di monetizzare le ferie, per incentivare il giusto riposo, ci sono delle circostanze che lo permettono come ad esempio in caso di scadenza ravvicinata di un contratto a tempo determinato di durata annuale, quando il lavoratore può scegliere di non godere delle ferie e di farsele pagare al termine del rapporto di lavoro. Inoltre, in caso di licenziamento o dimissioni le ferie possono essere monetizzate o addirittura possono produrre un diritto all’indennità che, però, sarà tassata in termini fiscali e contributivi essendo parte della retribuzione. Infine, può essere utile fornire una distinzione tra ferie e permessi – denominati anche ROL- perché questi, a differenza delle ferie, hanno una scadenza e devono essere utilizzati nell’anno di maturazione.