RAGUSA – Il logos greco, pensiero e parola hanno trovato dimora tra le viuzze di una Ragusa Ibla austera nella sua bellezza barocca e accogliente nella sua personalità, offrendo un fine settimana di riflessioni e incontri, fisici, ma soprattutto emotivi. Ieri sera si è conclusa la sesta edizione di “3drammi3 – festival ibleo della tragedia greca”, forse una delle più coinvolgenti. Per il secondo anno consecutivo la manifestazione organizzata dal Teatro Donnafugata, in stretta sinergia con l’Inda e con l’Adda di Siracusa, con la direzione artistica delle sorelle Vicky e Costanza DiQuattro, è stata costretta ad operare adattare il suo consueto svolgimento alle regole anti-contagio, ma questo ha avuto l’effetto di esaltare quanto di bello e di coinvolgente si è vissuto e di assaporare ogni attimo.
Storie, personaggi e sentimenti: è stato un turbinio di stati d’animo, talvolta condivisi, ma spesso goduti in solitudine. La tragedia greca per millenni lo ha fatto e continua a farlo: ci parla, ci educa, ci guida nelle fessure di un animo umano che, pur passando il tempo, in fondo è abitato sempre dalle stesse presenze, nel bene e nel male. Ieri sera lo spettacolo di chiusura con uno straordinario Pippo Pattavina ha offerto un tuffo nel mito colorato di ogni striatura di femminilità, la passione, il tormento, l’amore filiale, la pazzia, la tenacia, la forza d’animo. Il reading “Prigioniere di un mito: quando la vita diventa simbolo”, con protagonista anche il jazz del Marco Zurzolo Quartet, ha rappresentato una passeggiata nel mito femminile, alla scoperta di sempre nuovi panorami. Donne prigioniere del mito.
Donne che hanno lottato, vissuto, sofferto, gioito, hanno causato dolore, dispensato carezze. Da Elettra ad Antigone, da Medea a Circe, nel racconto tra parola e musica, dove le donne sono raccontate dagli uomini, con un maestro del teatro siciliano che sullo stesso palco incontra un maestro del jazz napoletano insieme a Claudio Romano alla batteria, Gigi De Rienzo al basso elettrico, Francesco Nastro al pianoforte. Una serata intrigante che ha rimarcato il successo di questa sesta edizione già iniziato con “Medea” di Seneca. Ancora donne, ancora passione e quell’immancabile introspezione a cui la tragedia greca guida inesorabilmente il suo spettatore. Poi “Nel Ventre”, venerdì sera, che ha messo a nudo il tentativo di coprire ogni debolezza, di nascondere ogni nefandezza. Struggente e intenso, apprezzato e applaudito.
Molto interessante anche l’appuntamento dedicato al libro “Pietre d’incanto. Cronaca di una stagione e altre visioni” del sovrintendente Inda Antonio Calbi (edito da VerbaVolant) che, sollecitato dal giornalista Carmelo Arezzo, ha svelato un aspetto altro della tragedia, ovvero la sofistica e affascinante macchina dello spettacolo aretuseo che da decenni rinnova la magia. “Siamo felici e onorate di essere riuscite a confermare anche quest’anno l’appuntamento con la tragedia classica nella nostra terra barocca – commentano le direttrici artistiche Vicky e Costanza DiQuattro – Si chiude il sipario su un’edizione che ha voluto esaltare il ruolo delle eroine nell’antichità, scegliendo alcune delle figure femminili più intense e controverse. Non solo, questa sesta edizione è stata la riconferma di una sinergia fiorente con l’Inda di Siracusa.
Siamo riuscite a creare un ponte ideale tra queste due bellissime città, che, ne siamo certe, non potrà che consolidarsi in futuro”. La manifestazione ha goduto del contributo della Regione Siciliana – Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo, del patrocinio dell’Assessorato agli Spettacoli del Comune di Ragusa e della collaborazione attivata con la Facoltà di Lingue dell’Università degli Studi di Catania e con il Libero Consorzio Comunale di Ragusa.