ROMA – Ottantacinque anni e sognare il Colle. Ipotesi difficilmente praticabile per un comune mortale, ma se ci si chiama Silvio Berlusconi non appare un’idea così peregrina. I suoi alleati ci credono, i suoi fedelissimi lo agognano, gli avversari lo temono. Tant’è però che nel toto-Quirinale figura pure lui: l’imprenditore, il politico, l’uomo di sport, non ha mai nascosto il sogno di diventare presidente della Repubblica. Istituzionale ciliegina sulla torta. E ciò a dispetto del fattore anagrafico. Sono 85 gli anni che compie. Nato a Milano il 29 settembre del 1936, rappresenta uno di quei personaggi la cui esistenza si è incrociata con le sorti di un Paese intero. E non tanto perchè ha assunto ruoli prestigiosi negli altissimi ranghi dello Stato, ma perchè esso stesso è stato artefice di trasformazioni nei più disparati campi: dall’imprenditoria alla politica. Il fatto di avere polarizzato su di sè le visioni del mondo, lo ha reso un simbolo: icona quanto bersaglio, amatissimo quanto odiato. Nato in una famiglia della media borghesia meneghina, scala tutte le posizioni tipiche dell’imprenditoria lombarda.Da ’’cumenda’’ a cavaliere. L’agiografia che lo accompagna e lo celebra ripesca negli anni della giovinezza quel seme che farà di lui un uomo di successo con il fiuto per gli affari e il senso per il business: come i compiti venduti ai compagni o le traversate sulle navi da musicista di orchestrina, con accanto l’amico di sempre Fedele Confalonieri.
Dopo l’università la folgorazione per il mattone: agente immobiliare prima, manager di società edili poi. La sua fama si erge come le sue palazzine alle porte di Milano. Costruirà una città nella città, Milano 2. Poi la finanza, le assicurazioni, la grande distribuzione attraverso La Standa, le vittorie nazionali e internazionali con il Milan. La sua vera svolta, ciò che lo renderà l’uomo più ricco, potente e famoso d’Italia avverrà grazie alle televisioni. La Telemilano rilevata nel 1975 diventa Canale5; da Rusconi comprerà Italia1 e dalla Mondadori Rete4. Creerà un duopolio – impensabile fino a qualche anno prima – con la corazzata Rai.Nel ’94 la ’’discesa in campo’’. Berlusconi trova lo spazio dove plasmare la sua creatura e dove mutare in pratica la sua teoria. La Prima Repubblica crolla sotto le inchieste di Mani pulite, i partiti vengono investiti dalle macerie del crollo del Muro di Berlino. E’ un sistema intero che si disgrega e del quale le forze progressiste appaiono avvantaggiarsi: per loro sembra aprirsi una prateria, ma a sbarrare la strada ci pensa Berlusconi, che diventa alfiere del centrodestra. Perno sul quale si avviterà un campo liberale ampio, che raccoglierà cattolici, liberali puri, ex socialisti, e persino i figli di un passato fascista.
Vince le elezioni. Anche grazie ad una campagna elettorale che rivoluziona. Trasforma il comizio in un format. Si chiamano convention, all’americana, ma sembrano trasmissioni del palinsesto Finivest. A dicembre del 1994 le sue dimissioni, arrivate a seguito del ritiro dell’appoggio della Lega e un mese dopo l’invito a comparire recapitato dalla Procura di Milano durante un vertice internazionale a Napoli. Nel 1996 ci riprova, ma stavolta perde alle urne con Prodi. Nel 2001 Forza Italia e il centrodestra trionfano. Nel 2006 altra sconfitta subita da Prodi e nel 2008 il ritorno alla guida del Paese. Stavolta non completerà la legislatura: è il 2011, in un’Italia travolta dalla crisi del debito e un governo scosso dalla crisi politica decide di lasciare.