Continua la richiesta di pillole allo iodio da parte dei combattimenti intorno alla centrale nucleare ucraina da parte dell’invasore russo contro le eventuali radiazioni. In particolare nel Belgio le compresse di ioduro di potassio sono state distribuite gratuitamente nelle farmacie e per ottenerle basta presentare solo un documento di identità. Nei giorni scorsi, secondo quanto riferito dall’Associazione dei farmacisti del Belgio, sono state consegnate oltre 1.500 scatole contenenti dieci compresse e nel fine settimana il numero di consegne è schizzato ad oltre 4mila confezioni al giorno. Secondo alcune stime, dalla prossima settimana la corsa all’acquisto potrebbe toccare quota 30mila. Durante l’attuazione del piano di sicurezza nel marzo del 2018 si toccò il record storico di 45mila confezioni di compresse consegnate al giorno. In Svizzera le pillole allo iodio vengono distribuite alla popolazione entro 50 chilometri dalle centrali nucleari. Anche in Italia il trend di ricerche sarebbe in netta crescita negli ultimi giorni.
L’Agenzia federale belga per il controllo nucleare ha però tenuto a precisare attraverso i canali social che le pillole di iodio vanno assunte solo indicazione delle autorità e non di propria iniziativa. “Le pastiglie di iodio non offrono protezione contro altre sostanze radioattive – è stato puntualizzato dall’Agenzia – dalle quali, in caso di emergenza, è necessario ripararsi. In caso di fuoriuscita di radiazioni, i minori di 18 anni, in particolare i più piccoli, sono maggiormente a rischio di sviluppare tumori. Lo stesso vale per le donne in gravidanza o in allattamento, mentre gli adulti dai 18 ai 40 anni hanno meno probabilità di sviluppare il cancro alla tiroide”. Le pillole di iodio sono state già usate per l’incidente di Chernobyl quando l’esplosione della centrale aveva provocato un’emissione di iodio radioattivo che può accumularsi nella tiroide e causare tumori. L’assunzione di compresse di ioduro di potassio poteva impedire l’accumulo dell’agente radioattivo o almeno limitarlo. La compressa avrebbe saturato la ghiandola tiroidea, prevenendo così l’assorbimento dello iodio radioattivo disperso nell’aria.
“Durante un incidente nucleare – come spiegato sul portale dell’Istituto superiore di sanità – , lo iodio radioattivo può essere rilasciato contaminando l’ambiente, con conseguente esposizione esterna. L’inalazione di aria contaminata e l’ingestione di cibo e acqua potabile contaminati possono portare all’esposizione interna alle radiazioni e all’assorbimento di iodio radioattivo principalmente da parte della tiroide. La ghiandola tiroidea utilizza lo iodio per produrre ormoni tiroidei e non distingue tra iodio radioattivo e iodio stabile. Dopo un incidente nucleare, se lo iodio radioattivo viene inalato o ingerito, la ghiandola tiroidea lo assorbe allo stesso modo dello iodio stabile”. “Se lo iodio stabile viene somministrato prima o all’inizio dell’esposizione allo iodio radioattivo – spiega ancora l’Iss – , l’assorbimento di quest’ultimo sarà bloccato dalla saturazione della ghiandola tiroidea con iodio stabile, riducendo così efficacemente l’esposizione interna della tiroide.
Nel complesso, la somministrazione orale di iodio stabile (insieme al controllo degli alimenti e dell’acqua potabile) è considerata una strategia appropriata per ridurre il rischio di effetti negativi sulla salute delle persone esposte a un rilascio accidentale di iodio radioattivo ed è inclusa in molti paesi nei piani di emergenza”.