Ragusa – Tutta la bellezza della solidarietà fra donne e dell’amicizia che vince ogni difficoltà. E’ stata portata, ieri sera, sul palco del Duemila di Ragusa, per il cartellone di Teatro in Primo Piano, da Tosca D’Aquino, Giulia Weber, Rocio Munoz Morales, Emanuela Muni, Emy Bergamo e Martina Difonte nella pièce “Fiori d’acciaio” che ha stupito in positivo il pubblico. E’ stata un’occasione per costruire, con un cast così ricco e variegato, una banda di soliste, in grado di suonare insieme ma di battere in volata quando serve.
Disegnare personaggi anche estremi ma capaci di ascoltarsi o di imparare strada facendo ad accogliersi senza snaturarsi. E nel finale, poi, dopo l’omaggio floreale, il commosso omaggio della stessa D’Aquino alle donne ucraine. Il film “Fiori d’acciaio” era tratto da una pièce teatrale, ancora attualissima, sotto un superficiale strato di polvere fisiologico e perfettamente rappresentativa di un microcosmo, quello del negozio di provincia, che è specchio di macrocosmi le cui dinamiche, perfino oggi, fanno fatica a cambiare.
I registi, Michela Andreozzi e Massimiliano Vado, hanno scelto di mantenere l’ambientazione di fine anni ’80, perché permette di osservare un tempo appena trascorso e ci racconta che siamo già nel futuro. E forse anche perché l’immagine e lo stile di quel periodo, negli abiti, negli arredamenti, ma soprattutto nella musica, sono ormai identificativi di un momento storico diventato ormai glamour.
Oltre al fatto che certe modalità, oggi, sarebbero condizionate dalla tecnologia. E’ stato, quello di ieri sera, un teatro affettuoso, di cui abbiamo bisogno, un racconto di sentimenti e di ironia che qualche volta è crudele ma mai cinica, mai diventa sarcasmo.
Se c’è una cosa che le donne sanno fare, è essere terribili, spietate e capaci di affrontarsi, insomma, dei fiori di acciaio, senza mai smettere di amare.
In un salone di parrucchiere, che in questa versione si trova a Sorrento, in Costiera amalfitana e non in Louisiana, come nell’omonimo film con Shirley MacLaine e Julia Roberts, s’incontrano e si ritrovano frequentemente le protagoniste: la signora Marilù, sua figlia Stella che sta per sposarsi, la litigiosa, ricca e simpaticissima Luisa che dopo essere diventata vedova per ben due volte custodisce la sua libertà, e Clara Aiello, ex moglie del sindaco.
E infine, la loro parrucchiera: l’ironica Tamara, che ha come dipendente la giovane Ana, recentemente abbandonata dal marito latitante e rimasta senza denaro. Dalle vicende e dal legame d’amicizia fra queste donne d’acciaio ha preso le mosse una commedia dolceamara, tra gioie e dolori, risate e amarezze, in un modo talvolta pungente, talvolta impercettibile. Bando al qualunquismo, al cinismo o allo sterile moralismo.
“Fiori d’acciaio” si è rivelato per quello che è: uno spaccato di vita vera e vissuta, che come ogni vita vera riesce a passare dalle risate con le lacrime alle lacrime di dispiacere, in un minuto. L’interpretazione di ognuna delle protagoniste, fra cui ha spiccato la profonda consistenza e coerenza di Tosca D’Aquino, ha fatto quasi dimenticare agli spettatori di essere seduti in un teatro. Ci si ritrova a Sorrento, sembra quasi di sentire il profumo dell’albero di limoni di Luisa e di vedere Stella vivere la sua vita di giovane donna felice, seppur segnata dalla malattia. Ciò che più ha colpito è stata la capacità comunicativa delle donne sul palco: un continuum di dialoghi e concitazione, eppure quei dialoghi diventano un po’ anche del pubblico. E insegnano a stare uniti e a tenerci per mano sempre, nei momenti di gioia e in quelli di dolore, con lo stesso incrollabile entusiasmo. Forse, in questo momento è proprio quello di cui si aveva bisogno.
E non è un caso che, ai saluti, Angelo Cascone e Carlo Nobile di Ac aventi abbiano proposto alle protagoniste, omaggiate di una composizione floreale in occasione della giornata della donna con i colori gialloblù della bandiera ucraina, un momento per ricordare le vittime di questa assurda guerra. Fiori d’acciaio si è rivelato per quel che è: prima di tutto, un inno al potere delle donne, ma soprattutto, un inno alla vita che vince la morte. (Foto comunicato)