Dolore forte alla spalla e sintomi che corrispondono alla capsulite adesica (CA) o spalla congelata sembra ci sia un legame col virus Covid.
A dimostrarlo sono alcuni studi scienfifici effettuati in questi anni di pandemia Covid.
Durante la pandemia ed in particolare da marzo 2020 a settembre 2021 il numero delle persone che soffrono di questo disturbo è aumentato tanto da far riflettere su una possibile connessione con SARS-Cov-2. Ormai tutti sanno che, oltre agli effetti diretti del virus, ci sono quelli indiretti, associati a una tempesta di citochine e a un’infiammazione sistemica che coinvolge tante parti del nostro corpo, compreso il sistema muscoloscheletrico.
Il dolore e il disturbo della spalla congelata è una patogenesi multifattoriale, riconducibile anche a uno squilibrio immunologico, biomeccanico, endocrino e infiammatorio, che porta a un’infiammazione cronica e alla successiva fibrosi. Ma può essere al tempo stesso influenzata da uno stato depressivo o da ansia. Per questo potrebbe esserci stato un aumento delle diagnosi di spalla congelata in aree ad alta prevalenza di Covid-19, perché i pazienti con preesistente tendinopatia non si sono potuti sottoporre a terapia fisica; perché tante persone hanno sofferto di depressione e ansia dovute all’incertezza del futuro.
Quindi mancanza di movimento, impossibilità e paura di proseguire trattamenti e fisioterapia hanno portato ad un aumento della patologia che, se in periodo pre Covid riguardava quattro persone su cento, in tempi di pandemia è arrivata a cinquanta su cento tra le spalle dolorose visitate.
Spalla congelate da ansia e depressione
I pazienti con una predisposizione ad ansia e depressione e che soffrono di “spalla congelata” di solito sono il 4 per cento, ma nel corso della pandemia ho visto un aumento esponenziale, e questo è importante perché sottolinea il fatto che la capsulite adesiva non va trattata solo come disturbo ortopedico ma anche con un approccio psicologico. A soffrire maggiormente della spalla congelata sono le donne, vediamo perchè.
I soggetti più colpiti sono donne tra i 45 e 60 con caratteristiche ansiose, ma spesso anche con una predisposizione per patologie autoimmuni come diabete e tiroiditi. “Ci potrebbe essere, anche se è difficile da dimostrare, una correlazione autimmune della patologia Covid e l’insorgenza della capsulite adesiva in soggetti predisposti a patologie autoimmmuni. Su di esse Sars-Cov2 potrebbe aver avuto un’influenza sull’aumento dell’incidenza”.
Anche uno studio di coorte retrospettivo pubblicato a febbraio su Journal of Shoulder and Elbow Surgery ha indagato sull’incidenza della cosiddetta “spalla congelata” nel corso della pandemia, da marzo 2020 a gennaio 2021, rispetto allo stesso periodo di tempo un anno prima. Sono stati inclusi tutti i pazienti a cui è stata diagnosticata una capsulite adesiva idiopatica e sono stati classificati in 5 diversi gruppi di trattamento (0 iniezioni, 1 iniezione, 2 iniezioni, 3 iniezioni o rilascio capsulare). Ci sono state 847 nuove consultazioni di persone durante il periodo di studio della pandemia, di queste 232 erano per la spalla congelata idiopatica. Un anno prima, c’erano state 898 consultazioni iniziali per un nuovo problema alla spalla, di queste 176 erano per la spalla congelata idiopatica. Questo rappresenta un aumento relativo del 39,8%, che è significativo, nessuna differenza importante invece per quello che riguarda la gravità.
Sempre alla “spalla congelata” è dedicato uno studio italiano pubblicato su Journal of Shoulder and Elbow Surgery a giugno 2021, quindi a un anno pieno dalla pandemia. I ricercatori hanno preso in considerazione 12 persone con capsulite adesiva, diagnosticata dall’autore senior della ricerca dopo un esame clinico, valutazione radiografica e risonanza magnetica. I pazienti, 8 donne e 4 uomini, con un range di età tra i 42 e i 73 anni, sono stati valutati presso il CTO di Roma tra il 15 novembre e il 15 gennaio 2021 e tutti hanno riferito dolore e rigidità alla spalla sorti dopo aver contratto il Covid-19. Di loro sono stati raccolte informazioni cliniche su età, sesso, lato interessato, la gravità, la limitazione funzionale della spalla ed eventuali traumi precedenti. I pazienti asintomatici mostravano una maggiore compromissione del ROM (range of motion, ossia la flessibilità articolare) e una maggiore intensità del dolore rispetto ai pazienti lievemente sintomatici, sebbene una valutazione statistica non sia affidabile a causa delle dimensioni limitate del campione.
Spalla congelata: ecco come c’entra l’RNA del virus
Secondo lo studio, la penetrazione cellulare di SARS-CoV-2 avviene attraverso il recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) e la serina proteasi TMPRSS2 (proteasi transmembrana, serina 2). In seguito al legame con il recettore, TMPRRS2 permette il mescolamento delle membrane umane e virali attraverso la scissione proteolitica della proteina S virale, consentendo così l’ingresso nella cellula dell’RNA virale. Dopo il rilascio dell’RNA del coronavirus nel citoplasma, può avvenire la traduzione delle proteine virali e la replicazione dell’RNA virale.
Durante l’infezione, il primo sistema ad essere colpito è il tratto respiratorio, successivamente, le cellule alveolari possono deteriorarsi rapidamente e subire l’apoptosi. Di conseguenza, la barriera epiteliale è compromessa e può essere attraversata dal virus, che a sua volta può portare alla viremia. Così il virus può raggiungere tutti i sistemi di organi e infettare direttamente le cellule bersaglio in cui sono presenti i suoi specifici recettori di membrana.
La ricerca spiega che per quanto riguarda il tessuto muscolare scheletrico umano, molte cellule esprimono TMPRSS2, tra cui cellule muscolari lisce, cellule staminali muscolari, periciti, cellule vascolari e cellule endoteliali. Tuttavia, tra queste, solo i periciti e le cellule muscolari lisce esprimono il recettore ACE2.
Al contrario, diverse cellule della sinovia (la membrana che riveste l’interno della capsula delle articolazioni mobili), compresi i fibroblasti e i monociti, esprimono sia ACE2 che TMPRSS2. Anche se SARSCoV-2 non è stato rilevato specificamente in questi tessuti, la sinovia è un potenziale sito di infezione diretta del virus.
Tra gli effetti indiretti dell’infezione c’è anche il marcato cambiamento di stile di vita, la mancanza di attività fisica che aggrava il dolore muscoloscheletrico.
Uno studio della Northwestern University, pubblicato su Skeletal Radiology a febbraio del 2021 aveva puntato i riflettori sulle ripercussioni muscoloscheletriche del Covid, seguendo un percorso fatto ad immagini sui pazienti dell’ospedale universitario. A seguito dell’infezione del virus sono emerse miosite, infiammazione generica dei muscoli, sarcopenia, perdita muscolare, cachessia ma anche alterazioni infiammatorie dei tessuti, ematomi, e diverse malattie reumatologiche croniche.