Tre casi sospetti di casi sospetti di epatite acuta sconosciuta nei bambini sono stati registrati in Sicilia. Nessuno di loro è grave, due sono stati dimessi nei giorni scorsi. L’ultima segnalazione è arrivata ieri, dall’ospedale dei Bambini, dove è stato ricoverato un bimbo di 5 anni: gli esami di quest’ultimo sono stati mandati a Roma per una valutazione conclusiva. Gli altri casi sospetti in Sicilia provenivano dal Palermitano e un neonato di 5 mesi dall’Agrigentino.
In Italia fino ad ora i sospetti sono 20, di cui 8 sono i casi che rientrano nella definizione dell’Oms, mentre 12 sono in corso di accertamento. A fare il bilancio aggiornato della situazione è stato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, che però ha invitato “a non fare allarmismi”: non c’è una catena di contagio conosciuta, i casi sono ancora molto pochi e nella “stragrande maggioranza le cure sono state risolutive”. Rimane comunque il grande interrogativo su quale sia la causa di questa inattesa diffusione di casi di epatite acuta senza che vengano trovati nei piccoli pazienti i virus «classici» dell’epatite.
Ieri l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un primo focus sul tema, chiarendo con fermezza che il collegamento con il vaccino anticovid è del tutto infondato, se non altro perchè, essendo i bambini molto piccoli, la maggioranza non era nemmeno stata vaccinata.
Mentre L’Oms ha escluso anche legami con il consumo di alimenti o la somministrazione di medicinali. «Improbabile», secondo l’Iss, anche l’ipotesi adenovirus, avanzata da molti scienziati, e rilanciata invece oggi dall’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA), secondo la quale ci sarebbero sempre più prove crescenti che sia proprio un virus il responsabile, per l’esattezza l’adenovirus F41.
Epatite acuta sconosciuta nei bambini: i sintomi da non sottovalutare
Nei bambini i sintomi sono molto riconoscibili: l’epatite acuta si manifesta con disturbi gastrointestinali, ma soprattutto il bambino assume un colore giallo.
Nei casi diagnosticati ci sono state guarigioni spontanee, nelle quali gli epatociti (le cellule caratteristiche del fegato) si sono rigenerati.
In altri casi invece il fegato non è riuscito a recuperare il danno e si è reso necessario un trapianto.
In Gran Bretagna, sottolinea l’Iss, “la presentazione clinica dei casi era di epatite acuta grave con aumento delle transaminasi (AST/ALT) superiore a 500 IU/L e in molti casi ittero. Nelle settimane precedenti, alcuni casi avevano presentato sintomi gastro-intestinali tra cui dolore addominale, diarrea e vomito. La maggior parte dei casi non ha presentato febbre. Alcuni casi hanno usufruito di cure specialistiche in unità epatologiche pediatriche e alcuni di questi hanno ricevuto un trapianto di fegato”. In maggioranza un decorso benigno insomma, ma una quota non irrilevante ha invece avuto una forma grave, tanto da dover ricorrere al trapianto.