Scicli – Si inaugura sabato sera, alla galleria Koinè, in via Mormina Penna a Scicli, la mostra delle opere del pittore modicano Giorgio Modica, oggi ultranovantenne, artigiano delle decorazioni nei palazzi nobiliari della provincia e artista.
Al vernissage, previsto per le 19, sarà presente il critico d’arte Vittorio Sgarbi.
Giorgio Modica collaborò alla realizzazione del tondo del teatro Garibaldi, con Piero Guccione.
E di lui Guccione scrisse: “Caro Giorgio,
ho preferito la semplicità della forma epistolare per rispondere alla domanda, con un breve commento sulla tua pittura, poiché non sono “un addetto ai lavori” della parola scritta o parlata: giusto o incontestabile dominio dei critici, che già egregiamente ti presentano nel volume monografico che andrà ora in stampa. Poi perché ti sono amico, da tanti anni ormai; e inoltre facciamo lo stesso mestiere; usiamo gli stessi attrezzi e ci serviamo della stessa materia: vale a dire i colori e l’immaginazione.
Insomma, c’è abbastanza di che consentirmi un modo più confidenziale di corrisponderti, qual è appunto quello di una lettera.
Non a caso prima ho detto mestiere. Quasi a sottolineare la inattualità del nostro lavoro, visto che oggigiorno nessuno parla, né si vuole più saperne di mestiere, come se i mestieri, in genere, fossero forme sconvenienti dell’esistere. Viceversa, penso che proprio questa è una delle vie (uno dei malintesi della modernità) per le quali il mondo, quello nostro, che implicitamente dobbiamo chiamare secondo-dire primo sarebbe troppo-, tutto sommato e nonostante le apparenze diviene più povero.
Considerazione di cui Edgar Wind forse ha tenuto conto nella sua nota riflessione, secondo la quale la particolare drammaticità dell’arte moderna, il suo malessere e disagio derivano dal fatto che nelle società contemporanee é venuto meno il principio della committenza individuale, quella che una volta si chiamava “mecenatismo”. Pertanto, bisogna inventarsi ogni mattina un quadro e anche il modo di farlo (effimero simulacro del mestiere) per un ipotetico e casuale compratore che non ha volto e di cui non conosciamo le idee né il gusto.
Di questa mancanza, di questa assenza di orientamenti, di questa “libertà” illimitata e indifferente, quanto indifferenziata abbondanza di proposte che arrivano giornalmente sul tavolo del consumatore, in qualche modo la pittura continua a pagare il suo tributo, con quella scarna geometria della desolazione di cui anche certi tuoi paesaggi e oggetti sono chiara testimonianza.
Se fosse consentito sognare, caro Giorgio, dovremmo augurarci di tornare a calcare gli antichi palchi, unti di colore, eretti nel silenzio di una chiesa o patrizia dimora, per raccontare ancora sui muri e soffitti tutte le meraviglie e i fasti del creato: fra nuvole e putti dorati, festoni d’alloro o finte ma opulenti geometrie, a testimoniare invece tutte le allegrezze di un mestiere esclusivo e superbo.
Affettuosamente, tuo Piero Guccione”.