Roma – Gabriele Marchetti rompe il silenzio e, a tre anni dall’incidente a ‘Ciao Darwin’ che lo ha reso tetraplegico, racconta dalle pagine del ‘Corriere della Sera’ la sua tragedia e come la sua vita sia cambiata dopo la caduta sui rulli durante la prova del ‘Genodrome’. “Prima di quel giorno ero un uomo che faceva mille cose.
Adesso per me è finito tutto”, dice, sottolineando che “Paolo Bonolis non mi ha mai cercato per sapere come sto. Neanche persone a lui vicine mi hanno mai contattato”.
“Soltanto qualcuno della produzione all’inizio si è fatto sentire per telefono e per mail con la mia famiglia per conoscere la mia condizione fisica. Si sono messi a disposizione per ogni eventuale nostra necessità. Poi però non ci sono stati altri contatti”, precisa l’uomo.
La sua seconda vita, quella seguita al drammatico incidente, è un susseguirsi di giornate noiose e molto lunghe poiché non posso fare niente, nessuna attività – dice Gabriele – Sono completamente privo di autonomia e dipendo totalmente da mia moglie Sabrina e mio figlio Simone per lo svolgimento di ogni atto quotidiano. Nella sua prima vita, Gabriele, un omone dolce e molto coraggioso, rimarca con orgoglio e inconsolabile nostalgia un punto fermo: “Ho sempre lavorato e mi sono dedicato alla famiglia”.
Nel ricordare i giorni precedenti all’appuntamento con ‘Ciao Darwin’, Gabriele non nasconde di essere stato “contento per la novità di poter partecipare a una trasmissione televisiva e fare una nuova esperienza. Avevo condiviso, come sempre, con Simone e Sabrina quest’ avventura. Pensavo di passare una serata diversa e divertirmi” dice Gabriele che nella testa ha marchiato a fuoco ogni frammento degli istanti successivi alla caduta dai rulli: “Ero finito in acqua a testa in giù, con le gambe rannicchiate e le braccia raccolte – ricorda – Pensavo che sarei affogato perché non riuscivo a muovere nulla. Poi ho sentito i soccorritori che sono intervenuti immediatamente”.
I rulli sui cui è caduto Marchetti – assistito dagli avvocati Federica Magnanti e Giovanni Ciano – sono al centro del processo a quattro dirigenti, di cui due al vertice di Rti (Reti televisive italiane, società confluita in Mediaset), accusati dal pm Alessia Miele di lesioni gravissime perché la loro superficie sarebbe stata resa ‘scivolosa’ per rendere più difficoltosa la prova.