Ragusa – Aridi, poco empatici, stanchi e sofferenti. La sindrome da burnout brucia le risorse dei sanitari dopo due anni e mezzo di pandemia. Lo evidenzia la Pastorale della salute a livello nazionale mettendo in luce, sul fenomeno, anche la ricerca prodotta da alcuni studi.
Uno dell’Università di Verona in cui si sottolinea il fortissimo coinvolgimento degli infermieri, in cima ai più “bruciati”. Un altro dell’Università di Bari che rivela come il 70% degli infermieri accusi oggi disturbi del sonno, il 33% ha disturbi d’ansia e la metà ha scarsa capacità di proteggersi dallo stress. A rilanciare la questione, a livello locale, anche l’ufficio diocesano per la Pastorale della salute di Ragusa, diretto dal sacerdote Giorgio Occhipinti.
“Sono stati – chiarisce – due anni di grande dedizione ma devastanti. Gli infermieri hanno una grande capacità di resilienza.
Ma finita la fase degli ‘eroi’, occorre, adesso, fare i conti con tutta una serie di problematiche, tra cui la cura del curante. L’esperienza ha dato frutto lo scorso anno con la Costituzione etica, una carta dei valori in cui si parla dei sanitari come persone. È stato importante il lavoro portato avanti con la Pastorale della salute della Cei, che ci ha permesso di coniugare aspetto professionale e spirituale.
Sappiamo come ci sia grande attenzione, su questo versante, da parte della nostra Asp. Ma non bisogna recedere di un passo. Dobbiamo essere consapevoli che c’è burnout e burnout.
Chi lavora nei pronto soccorso, ad esempio, vive una condizione se possibile peggiore. Ricordiamoci che la Pastorale della salute si è già attivata nel corso degli ultimi mesi per fornire un supporto adeguato. Ma è fin troppo evidente che da solo non può bastare”.