Ragusa – Ancora molto acceso il dibattito sulla perimetrazione del Parco degli Iblei che in un recente incontro presso il Libero Consorzio Comunale, proprio quando ormai si dovrebbe trasmettere al Ministero la documentazione definitiva, alcuni settorI economici politici ed amministrativi, avrebbero voluto rimettere in discussione partendo dall’assunto che con l’attuale conformazione si imbalsamerebbe il territorio ledendo soprattutto gli interessi del mondo agricolo e della zootecnia. Immediata la levata di scudi a difesa della perimetrazione approvata dal Comune di Ragusa nel 2015 e che ha visto la convergenza di uno dei suoi massimi fautori, ovvero Giovanni Iacono, allora presidente del consiglio comunale ed ora assessore della giunta Cassì, così come dell’intera amministrazione ragusana attuale, e della deputata regionale 5 stelle Stefania Campo.
Dall’altra parte, tra coloro che vorrebbero impedire la ‘mummificazione’ del territorio, le commissioni terza e quarta dell’Ars, il presidente della stessa terza commissione, il deputato leghista sciclitano Orazio Ragusa, alcuni sindaci iblei, forze imprenditoriali. E non è nemmeno mancata una ‘piccante’ polemica tra Orazio Ragusa ed il sindaco Peppe Cassì. Ed ora l’ultimo, per il momento, capitolo pro Parco lo scrive Legambiente con i suoi circoli Il Carrubo di Ragusa e Sikelion di Ispica. Un capitolo che fin dal titolo non lascia adito a dubbi, in quanto dichiara “Parco degli iblei: i professionisti della paura – Per un pugno di voti si terrorizzano gli allevatori prospettando la chiusura delle aziende se si istituisce il Parco: niente di più falso. La minaccia all’agricoltura deriva dal cambiamento climatico e dalla siccità e non dal Parco che aiuta a mitigare gli effetti del clima che cambia per colpa dell’uomo”. Un lungo e dettagliato documento da parte di chi la questione ha seguito da sempre e vi si è impegnato sempre in prima persona, e che riteniamo vada pubblicato integralmente e letto con pazienza.
“Puntualmente dopo dieci anni di letargo riecco i professionisti della paura. Profetizzano tragedie, fallimenti, chiusure di attività economiche, soprattutto agricole, per quella che loro chiamano mummificazione del territorio che altro non è che la salvaguardia degli ecosistemi e dei complessi storici-paesaggistici-archeologici. Dodici anni fa lo dicevano per il piano paesaggistico, oggi per il parco degli iblei. Peccato, per loro, che sbagliano di grosso. Il piano paesaggistico doveva “ mummificare “ il territorio ma non è successo niente di ciò. Nessuna protesta neanche per i vincoli apposti nelle zona rossa di maggior tutela. Anzi l’aver tutelato il paesaggio rurale ha agevolato il turismo culturale e relazionale senza per questo danneggiare l’agricoltura. La stessa cosa accadrà per il parco che sarà un volano per lo sviluppo sostenibile e non danneggerà il settore agricolo-zootecnico che nelle aree di maggior pregio del parco è di tipo semibrado o brado e non intensivo. La prova ? Nella zona 1 del parco (area di rilevante interesse naturalistico, agricolo, storico-culturale con inesistente o minimo grado di antropizzazione ) non si possono realizzare nuovi edifici, nella zona rossa del piano paesaggistico pure.
Nella zona 1 del parco non si possono realizzare nuove strade, nella zona rossa del piano paesaggistico pure. Nel parco è vietata l’apertura di cave, nelle aree del piano paesaggistico soggette all’art. 134 del testo unico dei beni culturali pure. Nel parco non si possono realizzare discariche , nelle aree tutelate dal piano paesaggistico pure. E potremmo continuare. Nella zona 1 del parco è consentita invece la manutenzione straordinaria di strade ed edifici, e si può addirittura aumentare la volumetria dei fabbricati rurali esistenti del 10% come nel piano paesaggistico. Nelle aree 2 del parco (aree con valore naturalistico e limitato gradi di antropizzazione ) è vietata la costruzione di edifici non funzionali alla conduzione delle aziende agricole. Vuol dire che si possono edificare soltanto fabbricati funzionali all’azienda agricola comprese le stalle (altro che divieto di costruzione di ricoveri zootecnici ), nel piano paesaggistico pure, così come, strano ma vero, anche nel PRG del comune di Ragusa. Nella zona 2 del parco si possono aprire strade interpoderali, si possono realizzare opere tecnologiche al servizio dei fabbricati, si possono effettuare interventi di bonifica e trasformazioni agrarie favorendo le colture tipiche del luogo e quelle a denominazione protetta, si possono effettuare interventi di ristrutturazione edilizia dei manufatti esistenti e addirittura mantengono efficacia, fino ad approvazione del piano del parco redatto dalle popolazioni del parco, le norme del PRG per le aree produttive ( D ) e aree F e G. Infine nella zona 3 del parco (aree con valore paesaggistico ed elevato grado di antropizzazione ) è consentito ciò che è consentito dai PRG, dal piano paesaggistico e dai piani di gestione delle aree SIC.
In più le attività economiche del parco beneficiano, in base ad un accordo tra stato centrale e regione Sicilia, dell’utilizzo prioritario di risorse finanziarie derivanti da piani e programmi regionali, nazionali e comunitari. Nel parco non sono vietati, ma soltanto sottoposti ad autorizzazione dell’Ente Parco, i piani di miglioramento aziendale mentre i nuovi allevamenti devono solo rispettare il benessere animale. Addirittura a carico dell’Ente Parco sono previsti incentivi per le razze autoctone che oggi provengono dai magri bilanci comunali . Gli altri divieti generali tanto criticati non incidono sulle attività agricole quali : la cattura l’uccisione e il danneggiamento della fauna selvatica, la raccolta e danneggiamento della flora spontanea, il taglio e danneggiamento dei boschi, degli alberi isolati e della macchia mediterranea, la modifica del regime delle acque, il campeggio libero, l’abbandono dei rifiuti , l’esposizione di cartelloni pubblicitari , la distruzione dei muri a secco, il transito dei mezzi a motore al di fuori delle strade, l’accensione dei fuochi all’aperto tranne quelli consentiti dalla pratiche agricole. L’unico vero divieto relativo al settore agricolo riguarda l’utilizzo di fitofarmaci in zona 1 , fatto salvo quanto previsto dal piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari . Il diserbo si può fare ma con altri mezzi e prodotti diversi da quelli chimici.
Un divieto sacrosanto per un parco che ha come obiettivi prioritari la tutela della flora e della fauna selvatica, la difesa degli equilibri idraulici e idrogeologici sia superficiali che sotterranei, in parole povere la tutela dell’acqua ( se il parco fosse esistito 10 anni fa Ragusa non avrebbe subito la perdita delle due più importanti sorgenti ad uso idropotabile ) e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali e agrituristiche sostenibili. Tralasciando i vantaggi del Parco che molti sembrano condividere compresi i detrattori del Parco, sono i divieti l’oggetto del contendere. Su questi invitiamo i professionisti della paura ad un pubblico confronto nel quale dovranno dimostrare carte alla mano le loro tesi per i divieti portano alla presunta mummificazione del territorio soprattutto in campo agricolo. Visto che sarà difficile sostenerlo consigliamo loro di dichiarare pubblicamente ciò che molti sanno : la difesa di coloro che si sentano minacciati dal parco : cacciatori, soggetti vari che vogliono continuare a edificare in zone di pregio naturalistico ville, villini, edifici a carattere produttivo e cavatori, per i quali sono sì precluse nuove concessioni ma che potranno portare a termine quelle esistenti. Tutto per un pugno di voti”. (da.di.)