Quando, nel pomeriggio del 19 agosto, ho informato la mia direttrice (di questo giornale), che non avrei potuto scrivere nulla perché in partenza per il Teatro Greco di Siracusa per il concerto di Fiorella Mannoia, lei, la direttrice, ha subito rilanciato “ma qualche foto..? e magari un ‘pezzo’..?”. “Certo, con piacere” replico io. Pensando “è un po’ di tempo che non scrivo di musica… politica, sempre politica, un po’ di sindacale e di attualità. Una volta tanta cambiamo argomento”. Poi rispolvero le regole che, giovani cronisti di secoli fa, ci dava il caporedattore “un po’ di colore sul pubblico e sulla location, e poi la scaletta delle canzoni e gli applausi e il gioco è fatto”.
Ed invece, in una caldissima serata siracusana, su gradinate millenarie, la linearità dei propositi è andata a gambe all’aria. Dalla ‘rossa’ signora della musica italiana, una delle più grandi, una ridda di emozioni, di impegno sociale, declinato con lievità e leggerezza ma non per questo meno graffiante, un omaggio a tutto tondo al meglio della musica italiana, non un cantare le canzoni di altri ma, quasi, così l’abbiamo immaginato, dei duetti con alcuni grandi ormai scomparsi, ma sempre vivi nei nostri cuori, e con alcuni ancora a pieno titolo sulla scena musicale.
E Fiorella ha alternato le sue canzoni, alcune, a distanza di anni, ancora veri e propri pugni allo stomaco (violenza contro le donne, omologazione del pensiero, opposizione alle guerre, incapacità della politica a captare bisogni e sogni delle persone, tematiche trans-gender) con i pezzi di altri, in un fil rouge laico progressista e non conformista senza soluzione di continuità. E questa linea conduttrice anche in molte canzoni di grandi interpreti del nostro vissuto musicale, non ricantate ma reintepretate dalla Mannoia con la sua grazia e sensibilità, diremmo in punta di piedi per non soverchiare niente e nessuno, perché “dobbiamo continuare a cantare queste loro canzoni, patrimonio di tutti noi: Lucio Battisti, Fred Buongusto, Vasco Rossi, Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Renato Zero, Franco Battiato, Francesco De Gregori. Significativa la scelta dei brani di questi ultimi due, ‘povera patria’ del cantante di Milo ed un ‘generale’ cantata da tutto il teatro greco mentre Fiorella sull’ultimo ritornello ha sventolato e poi si è avvolta in una bandiera arcobaleno.
E infine, dopo una incursione tra il pubblico sulle note de “il cielo d’Irlanda”, allo stesso pubblico che gremiva il teatro, il ringraziamento umile accorato assolutamente non servile, appreso, ha detto la Mannoia, “dai miei amici napoletani”, facendo un profondo inchino “la mia testa sotto i vostri piedi“. (daniele distefano)