Il sostantivo “commercialista” è spesso abusato, oltraggiato, criticato e, infine, oggetto di vilipendio. “Ecco – sottolinea il presidente di Anc Ragusa, Rosa Anna Paolino – cosa vuol dire oggi commercialista. Per noi, invece, che lo abbiamo scelto con passione e determinazione sostenendo prove ed esami, questo sostantivo vuol dire essere determinati nell’aiutare le imprese e l’imprenditore a raggiungere l’idea imprenditoriale, travolgente perché ci facciamo travolgere in tutto e per tutto nelle dinamiche e problematiche imprenditoriali affiancando i nostri clienti e a volte prendendoli per mano nel fare crescere l’attività e diventando fieri quando muove i primi passi come se fosse un figlio.
Siamo anche visionari perché ambiamo a fare diventare grande l’impresa economicamente e strutturalmente con l’obiettivo di farla diventare protagonista sui mercati nazionali ed internazionali. Per fare tutto questo, passiamo ore e ore a studiare, a sviscerare la normativa fiscale, a cercare tra le pieghe dei decreti legge, delle varie norme, la migliore soluzione per rendere competitive le aziende che curiamo: ci viene richiesto di essere sempre sul pezzo e per questo abbiamo necessità di formazione continua. Spesso questo, però, non basta: la complessità di mirmecofilie schizofreniche ci porta a dover necessariamente litigare con l’Agenzia delle entrate per garantire l’equità fiscale.
Ecco perché diciamo che serve una riforma fiscale che sburocratizzi la macchina elefantiaca dell’amministrazione, servono date certe, delle scadenze fiscali, serve un riordino e snellimento delle varie imposte.
In poche parole, serve un po’ di buon senso e fare ciò che da anni si sventola nelle campagne elettorali: occorre una semplificazione fiscale. Basta con interventi emergenziali, basta con pezze messe qua e là per circoscrivere i danni di norme che spesso sono in contrasto tra loro, pezze che molte volte sono peggiori dei buchi”. “Serve rispetto – aggiunge ancora Paolino – tra contribuente e Pubblica amministrazione, serve che lo Statuto del contribuente sia elevato a rango istituzionale, serve che ci sia un organo super partes a dirimere le liti tra contribuente e amministrazione e che la giustizia tributaria non sia messa sul libro paga del Mef. Come professionisti, siamo chiamati a difendere e rappresentare i nostri clienti e noi ne siamo consapevoli, ma la responsabilità che negli ultimi anni ci è stata scaricata addosso è oltremodo spropositata tant’è che le nostre assicurazioni professionali spesso non coprono le responsabilità o se lo fanno, ciò accade con polizze onerosissime. Questo perché l’amministrazione trova più agevole colpire il professionista (anche se non è responsabile per una condotta magari superficiale dell’imprenditore piuttosto che dell’amministratore) che lo stesso autore dell’atto”.
“Abbiamo chiesto come Anc nazionale ed anche territoriale – spiega in conclusione il presidente Paolino – di essere ascoltati, di essere presenti ai tavoli tecnici, di essere parte attiva nelle stesure delle norme fiscali. La pressione fiscale in Italia è una delle più alte, se non la più alta, d’Europa e se si vuole cambiare e semplificare noi commercialisti non possiamo stare a guardare ma dobbiamo partecipare attivamente alla svolta epocale che il Paese chiede. Anc ha denunciato da sempre questa ottusità della politica al mancato ascolto, abbiamo portato avanti battaglie di civiltà fiscale spesso da soli come sigle sindacali e il poco che i commercialisti hanno ottenuto, e qui non temo smentita, è stato principalmente grazie ed esclusivamente ad Anc.
Occorre, quindi, un cambiamento culturale, occorre cambiare prospettiva, occorre che il commercialista ritorni ad essere parte riconosciuta dalla pubblica amministrazione, occorre che il nostro ruolo possa essere percepito come valore aggiunto sia dagli imprenditori quanto dall’amministrazione. Basta infangare la nostra professione, basta considerarci, a seconda dei punti di vista, esattori per i contribuenti, complici degli evasori per lo Stato. Noi siamo baluardi di legalità e sosteniamo senza se e senza ma che tutti devono contribuire a pagare le tasse. Ma non solo. In uno Stato civile tutti devono avere pari dignità”.