Siamo entrati nel mese di febbraio, e le lavoratrici e i lavoratori della Servizi per Modica sono ancora in attesa dello stipendio di ottobre. Una situazione che si trascina da molto (troppo) tempo, incancrenitasi durante la sindacatura Abbate, che tagliò i finanziamenti alla società partecipata, di cui il comune stesso è socio unico. Da quel momento, con rare eccezioni, le organizzazioni sindacali hanno dovuto rincorrere gli amministratori affinché trovassero le somme per garantire l’attività della SpM e le spettanze dei suoi dipendenti.
Un anno fa erano stati fatti dei passi importanti per il trasferimento delle maestranze a due nuove società, con nuovi contratti ed un rilancio produttivo che avrebbe giovato, in primo luogo alla città, ed avrebbe fornito maggiori garanzie economiche ai dipendenti. Dalle dimissioni di Abbate tutto si è fermato, e i tanti mesi di commissariamento non hanno spostato di un millimetro la situazione, nonostante le pressioni dei sindacati aziendali. Richieste di incontro tra comune, società partecipata e sindacati, fatte a più riprese, anche dalle stesso Amministratore di SpM, non hanno sortito alcun effetto. Il Commissario tace. La SpM non può certo andare avanti ricevendo dal comune meno di quanto spende per le attività che svolge e per il pagamento degli stipendi al personale.
Questo è stato denunciato a suo tempo, quando la giunta Abbate decise i tagli, inseriti in una cornice di esternalizzazione di alcuni servizi, che abbiamo sempre ritenuto suicida, comportando maggiori spese per l’erario, anziché un risparmio, nonché un grave depotenziamento della SpM. I lavoratori, le lavoratrici e le loro famiglie non possono certo attendere la fine del commissariamento e la formazione di una nuova giunta – presumibilmente nelle prime settimane della prossima estate – per ottenere un tavolo che possa riesaminare l’incresciosa situazione. Occorre sin da subito riprendere il percorso già iniziato un anno fa e portarlo a conclusione, eliminando, nel frattempo, i 4 mesi di debito accumulati nei confronti dei dipendenti.
Il Prefetto di Ragusa potrebbe essere il soggetto istituzionale più adatto a stimolare un incontro urgente fra le parti per addivenire ad una soluzione rapida della annosa vicenda. In caso contrario non rimarranno che le azioni di lotta a disposizione dei lavoratori per ottenere quello che la politica e le istituzioni, nei fatti, negano: il diritto a portare a casa ogni giorno il “pane”.