E’ giunta al secondo round la diatriba (non sapremmo come altrimenti definirla) tra Legambiente, nelle sue articolazioni regionale e provinciale, e il deputato all’ARS del PD Nello Dipasquale. Diatriba o polemica o addirittura contrapposizione molto politicamente corretta, nei toni soft ed istituzionalmente garbati e nello scambio di attestazioni reciproche di stima e rispetto (come naturale visto che parlano soggetti sicuramente appartenenti alla stessa area progressista ed ambientalista), ma altrettanto sicuramente attestata su posizioni forse inconciliabili.
Riassumendo la prima puntata: Legambiente Sicilia aveva sostenuto la necessità, senza se e senza ma, del parco eolico ed escluso conseguenze negative per mare e territori costieri. Dipasquale aveva invece evidenziato i pericoli per la pesca, la dubbia ricaduta economica per l’area interessata dell’isola e soprattutto aveva espresso fortemente il timore che allo scadere della concessione, tra trent’anni, ci si potesse trovare impianti dismessi vaganti nel Canale di Sicilia. Da questo punto di partenza si è continuato a sviluppare il dibattito tra l’associazione ambientalista e il parlamentare dem. Il presidente di Legambiente Ragusa Claudio Conti si dice tranquillo perché le perplessità esternate da Dipasquale avrebbero già trovato risposta nella Risoluzione del Parlamento europeo del 7 luglio 2021 sull’impatto provocato sul settore della pesca dagli impianti eolici offshore e da altri sistemi energetici rinnovabili e nella Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su una strategia europea per le energie rinnovabili offshore e approvate a larghissima maggioranza.
In particolare Legambiente ricorda “per quanto riguarda il paventato rischio che non avvenga la dismissione degli impianti a fine produzione si tratta di problema remoto e facilmente gestibile. Il parlamento europeo ha sottolineato che la disattivazione delle turbine eoliche offshore non deve generare impatti ambientali duraturi né comportare rischi per la sicurezza dei pescherecci a causa di eventuali infrastrutture rimaste sui fondali marini ( nel nostro caso si tratta di impianti flottanti che possono essere facilmente rimossi da rimorchiatori ) e che è opportuno mettere a punto meccanismi finanziari che coprano i rischi a lungo termine posti dalle infrastrutture offshore abbandonate. Semplicemente propone che in fase di autorizzazione unica venga sottoscritta una fideiussione da parte delle società energetiche. Se la società elettrica non le rimuove interviene il soggetto pubblico con le garanzie della fideiussione. E’ vero invece che nello specchio di mare dove insiste l’impianto sarà istituito il divieto di pesca.
Ma come afferma il parlamento europeo la pianificazione dello spazio marittimo deve includere la partecipazione effettiva del settore della pesca al processo decisionale, contrapponendola alle nozioni troppo vaghe di «consultazione» e «osservatori» e sottolinea la necessità di prevedere un indennizzo adeguato per i pescatori laddove l’installazione dei parchi eolici offshore si ripercuota sulle loro attività e nel caso non si riescano a trovare soluzioni che potrebbero attenuare il potenziale conflitto e creare condizioni di parità tra la pesca e le energie rinnovabili offshore. Infine, I rischi riguardanti gli eventuali sversamenti di olio lubrificante presenti sulle torri eoliche saranno affrontati nel corso della procedura di VIA. Ma appaiono rischi di gran lunga inferiori se confrontati a quelli legati alla presenza della piattaforma VEGA A e della nave cisterna Leonis con le sue 110.000 tonnellate di petrolio greggio nella stiva o all’intenso traffico di petroliere nel tratto di mare prospiciente la costa sud siciliana. In merito alla critica relativa all’eccessivo contributo alla decarbonizzazione che sta dando la Sicilia va detto che non è molto diverso da quelle di altre regioni. Solo forse un po’ più alto in considerazione dei più favorevoli venti che soffiano nel canale di Sicilia”. In ogni caso Legambiente “ritiene opportuno e chiede che in futuro sia promosso con un approccio scientifico un dibattito pubblico sull’eolico offshore in provincia di Ragusa, stavolta coinvolgendo tutti i soggetti interessati, e non come è stato finora solo alcuni soggetti.
Da parte sua Nello Dipasquale risponde “apprezzo che le mie preoccupazioni sulle garanzie siano condivise pienamente chiedendo dei meccanismi finanziari che coprano lo smaltimento degli impianti. Faccio notare che su 97 pagine di relazione solo poche righe, di seguito allegate, fanno menzione dello smaltimento senza circostanziare modalità tempi e costi. E nonostante l’esistenza di una risoluzione europea in merito, il fatto di posizionare l’impianto in acque internazionali non aiuta a definire quale soggetto pubblico debba intervenire, a carico di chi, in sostituzione della società inadempiente e con quali risorse in mancanza di un’adeguata fideiussione. Purtroppo, però, a oggi il percorso di autorizzazione è già partito per alcuni impianti senza prevedere fideiussioni e modalità di intervento sulla rimozione e sullo smaltimento degli stessi che, di certo, non ha costi e modalità irrilevanti. Ben venga l’attenzione del parlamento europeo sui pescatori cui spetta un indennizzo adeguato del quale è opportuno sin da subito averne esatta contezza e quantificazione. Ricordiamo che la marineria e gli spazi di pesca della nostra Sicilia orientale con tale programmazione, con un numero così elevato di impianti, vengono di fatto azzerati e questo mi sembra iniquo per un settore produttivo del nostro territorio.
E anche lo smaltimento non mi preoccupa solo per il trasferimento delle pale, ma soprattutto per gli ingenti costi di smaltimento che fin da subito devono essere correttamente previsti. Così come per l’attività di programmazione su altre regioni ritengo doveroso conoscere i numeri di riferimento per capire se si stia operando una pianificazione equa degli specchi d’acqua antistanti le regioni. Il mio grido d’allarme nasce proprio dal fatto che è stato avviato l’iter e, in taluni, casi sono state conseguite già delle autorizzazioni in totale mancanza di tutela e garanzia del nostro territorio e dei suoi attori, spostando il tutto su base ministeriale senza che gli enti interessati si siano adeguatamente e coscientemente documentati, senza chiedere garanzie e indennizzi, accettando supinamente tutto senza una valutazione seria in nome della transizione ecologica. Nessuno vuole bloccare la decarbonizzazione e soluzioni energetiche, ma ci vogliono le dovute attenzioni, cautele e salvaguardia dei territori e dei loro abitanti, per un processo di crescita condiviso. Accolgo con grande interesse l’invito ad avviare con urgenza a un dibattito pubblico/scientifico che affronti immediatamente questi temi, cercando risposte concrete alle perplessità da me sollevate e in buona parte condivise, perché siamo già fortemente in ritardo e occorre cercare insieme le migliori proposte per i nostri territori”. (da.di.)